«Federica non è stata condannata»
CHIOGGIA. Non una sentenza di condanna, ma uno strumento di tutela per una persona da curare e riabilitare.
A spiegare il senso della sentenza pronunciata mercoledì a Londra dal giudice Nicholas Hilliard della corte criminale di Old Bailey a carico di Federica Boscolo Gnolo è l’avvocato penalista di Mestre Domenico Carponi Schittar.
Il giudice ha deciso che Federica Boscolo Gnolo, accusata dell’infanticidio della figlioletta Farah di due mesi, non finirà in carcere, ma sarà internata a tempo indeterminato nell’Orchard Unit del St Bernard’s Hospital di Londra.
Avvocato Carponi Schittar ci può spiegare cosa significa nel concreto queste sentenza? Si tratta di un ergastolo da scontare in ospedale o di un percorso di riabilitazione?
«Questa sentenza non è di condanna e l’ordine di restrizione illimitato non è da ritenersi in senso punitivo, ma va inteso in primo luogo come uno strumento di tutela del soggetto processato, di Federica Boscolo Gnolo. E’ uno strumento finalizzato a assisterla e curarla perché è stato attestato che soffre di problemi psicotici e della personalità. Il trattamento che riceverà in questo ospedale specializzato sarà uguale a quello che riceverebbe qualsiasi altro soggetto, non sospettato o incolpato di reati, sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio. Vista la gravità del reato, in questo caso l’ordine di restrizione assume anche contenuti e finalità di difesa sociale».
In effetti il giudice Hilliard nella sentenza ha motivato la scelta del ricovero in una struttura psichiatrica spiegando che la Boscolo Gnolo, soffrendo di disturbi psicotici e della personalità, potrebbe essere un soggetto pericoloso per gli altri, in particolari per futuri bambini.
«Certo, questa sentenza deriva dall’accertamento della mancanza della capacità di intendere e di volere, riscontrata dalle perizie psichiatriche a cui è stata sottoposta la donna in questi mesi. I medici hanno attestato che la donna soffre di problemi psichiatrici. Per questo non poteva essere condannata, perché mancava la "mens rea", ovvero l’intenzione delittuosa, condizione indispensabile per emettere una sentenza punitiva».
Lei dice che non si tratta di una condanna, ma l’ordine di ricovero in ospedale è stato comunque collegato a una forma di restrizione, peraltro a tempo indeterminato.
«La restrizione è ovviamente dettata dalla gravità del reato (infanticidio) e va a cambiare le condizioni del trattamento e della sua sospensione. Vengono infatti aboliti i limiti di durata e stabiliti dei termini di verifica periodica dello stato di salute della persona ricoverata per accertare se ci siano dei progressi e di quale tenore. Spetterà a soggetti specializzati, come il Tribunale della salute mentale (Mhrt) o al Ministro dell’interno, stabilire se l’ordine possa essere revocato».
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