Fece a pezzi la vicina, confermati 17 anni
La Corte d’Assise d’Appello ha respinto il ricorso della difesa di Ricky Torta: dovrà scontare la pena decisa in primo grado
In primo grado, a inizio febbraio, era stato condannato in abbreviato a 17 anni e 4 mesi di reclusione e a seguire ad una misura di sicurezza di 3 anni in una struttura psichiatrica. Ieri, dopo poco più di un’ora di camera di consiglio, la Corte d’Assise d’appello di Venezia - presidente Alessandro Michele Apostoli Cappello - ha confermato la condanna per Riccardo “Ricky” Torta, il 69enne mestrino che il 15 gennaio 2016 massacrò a colpi di martello la vicina di casa Nelly Pagnussat, 77 anni, e poi fece a pezzi il corpo con una sega elettrica. Le accuse a suo carico erano di omicidio, vilipendio e tentativo di distruzione del cadavere. L’omicida sta scontando la pena in isolamento.
Ieri in aula bunker a Mestre era presente l’imputato che ha ascoltato impassibile e stranito la lettura della sentenza, così come era successo al termine del processo di primo grado. C’era anche una delle figlie di Nelly, Rosanna Mazzocchi, che ha trovato la forza di essere presente in aula ad ascoltare la requisitoria del sostituto procuratore generale Giancarlo Buonocore, le arringhe dei difensori di Torta, gli avvocati Giorgio Bortolotto e Antonio Bortoluzzi, e dei legali delle parti civili Renato Alberini e Mauro Ferruzzi, a rappresentare rispettivamente due dei tre figli della vittima. La terza, quella che per prima era entrata nell’appartamento del delitto, è ancora molto scossa per l’accaduto e ha scelto di non costituirsi. La figlia Rosanna ha seguito attentamente l’udienza, lasciandosi sopraffare da qualche momento di commozione in particolare quando sono state ricordate le atroci modalità esecutive del delitto nell’appartamento al quarto piano di via Ca’ Venier.
A presentare ricorso in appello era stata la difesa di Torta. Secondo la perizia psichiatrica disposta dal gup, l’omicida sarebbe incapace di volere all’80 per cento. Ma nella sua azione delittuosa sarebbe stato guidato dal 20 per cento di discrezionalità e capacità di volere. Per i difensori, invece, sostenuti dalla perizia di parte, la capacità di intendere e di volere di Torta sarebbe stata completamente assente. Di qui la richiesta ai giudici d’appello di riformare la sentenza di primo grado, eventualmente disponendo una nuova perizia. Una richiesta, quest’ultima, fortemente contrastata dalle parti civili che hanno sostenuto come già la prima perizia fosse stata fatta in pieno contraddittorio tra le parti. Al termine della camera di consiglio, poco dopo mezzogiorno, la Corte d’Assise d’appello - composta da due giudici togati e sei giudici popolari - ha deciso di confermare il pronunciamento e le statuizioni civili del primo grado, ovvero 50mila euro per ciascuno dei due figli come provvisionale più le spese legali, rimandando al giudice civile la quantificazione del danno. Le motivazioni dovranno essere depositate entro 60 giorni. Una volta lette, i difensori di Torta valuteranno se tentare l’estrema strada del ricorso in Cassazione.
«La famiglia è sollevata dal fatto che non sia stata riconosciuta la totale infermità», spiega l’avvocato Alberini facendo proprie le parole della figlia Rosanna, «Quella che i parenti cercavano non è vendetta, ma giustizia. La famiglia vuole ringraziare le forze dell’ordine e la magistratura, a iniziare dalla Procura, per l’estrema rapidità con cui si è arrivati, a meno di due anni dal delitto, alla sentenza d’appello». Un delitto, quello di Nelly Pagnussat, che aveva sconvolto l’opinione pubblica: nei progetti dell’uomo, dopo aver fatto a pezzi la vicina, c’era la volontà di distruggere la salma con un tritacarne. Venne fermato prima che l’ultimo scempio potesse essere messo in atto. «Torta ha scelto di condurre alla morte la sventurata vicina di casa in modo che necessariamente avrebbe dovuto essere non immediato e che ha certamente determinato agonia premortale per un tempo apprezzabile», ha scritto il gup Vicinanza nelle motivazioni della sentenza di primo grado, «I colpi sono stati portati anche con la parte tagliente del martello, meno micidiale e che determina maggiore sofferenza».
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