Fattura, lire confuse con euro l’azienda prende i soldi e tace
VENEZIA. Ad accorgersene sono stati i responsabili della Ragioneria dell’Ufficio scolastico provinciale, morsicandosi le mani, perché era già trascorso un anno.
«Bisogna farsi ridare i soldi», era stato l’appello lanciato ai funzionari dell’omologo ufficio regionale. Ma ormai il pasticcio era stato fatto e quei soldi, erogati per errore, erano già svaniti nel nulla. Per questo ora della vicenda, kafkiana come sa essere solo la burocrazia italiana, si sta occupando la Corte dei Conti di Venezia. L’episodio risale al 2010 e riguarda una fattura presentata anche in lire (e già non si capisce perché, visto che già da anni si faceva la spesa con la nuova moneta) ma pagata in euro. E’ una fattura presentata dalla tipografia Grafiche Serenissima, di Santa Maria di Sala, per buste e cartoncini. La fattura arriva nell’Ufficio scolastico regionale il 29 gennaio, per 253,68 euro con l’indicazione anche lire. Il primo via libera al pagamento, per l’importo corretto, arriva dal direttore regionale dell’epoca, Carmela Palumbo - prima indagata e poi prosciolta - ma a confondere lire con euro è Rosanna Santomarco, funzionaria dell’ufficio regionale, imputata insieme a Roberto Spampinato (all’epoca dirigente dell’Ufficio, firmava i provvedimenti di spesa insieme in assenza della Palumbo), e a Domenico Martino, a capo dell’ufficio provinciale e Liana Ruocco, della ragioneria provinciale.
A istruire la pratica infatti è l’Ufficio scolastico regionale ma spetta all’Ufficio provinciale, per una questione di organizzazione del sistema informatico, dare il via libera per il pagamento. All’inizio di marzo nelle casse della tipografia di Santa Maria di Sala arrivano quasi 500 mila euro. Ma la titolare, Sara Zagaia, indagata dalla procura di Venezia per appropriazione indebita, non avverte l’ufficio scolastico dell’errore clamoroso. Che emerge circa un anno dopo all’Ufficio scolastico provinciale, preparando la rendicontazione delle spese da inviare alla Ragioneria dello Stato.
A fine dicembre del 2011 l’ufficio scolastico chiede alla tipografia la restituzione dei soldi, ma da Santa Maria di Sala rispondono spiegando che li hanno spesi per coprire dei debiti, visto che l’azienda naviga in pessime acque. Tanto che poi verrà chiusa, per rinascere come srl, e poi fallire. Infatti anche Equitalia non trova nulla da mettere sotto sequestro. Con il risultato che il ministero non riesce a recuperare i soldi e presenta una denuncia in procura - motivo per cui la donna è stata indagata per appropriazione indebita - e che ora la Corte dei Conti li chiede a quelli che ritiene essere i responsabili del pasticcio, che ha portato l’ufficio scolastico regionale a pagare per ogni busta o cartoncino oltre 160 euro.
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