Faro Immobiliare, buco di 29 milioni

JESOLO. Il «buco» è enorme. Il passivo della «Faro Immobiliare spa», la società fallita nel dicembre scorso che aveva ideato il progetto del porto da abitare benedetto dal Comune di Jesolo e che faceva capo agli imprenditori Angelo Gentile e al figlio Andrea, è di 28 milioni e 800 mila euro: a stabilirlo e certificarlo è stato il curatore fallimentare nominato dal Tribunale civile, il commercialista veneziano Giovanni Anfodillo.
Le più esposte sono le banche, che si sono inserite nel fallimento per oltre 23 milioni di euro, ben nove milioni e mezzo li chiede la Cassa di Risparmio, mentre la Banca Nazionale del Lavoro è esposta per 8, infine il Monte dei Paschi di Siena per 4 milioni e 300 mila euro. I creditori, tra privilegiati e chirografari, sono 53: oltre alle banche si sono studi di professionisti, artigiani e anche amministrazioni locali. Il Comune di Jesolo chiede 161 mila euro, la Provincia di Venezia si accontenta di mille e cento euro, quello di Villorba 49 mila. Oltre a dover recuperare il danaro per pagare i creditori, al curatore spetta il difficile compito di gestire la parte del Porto turistico di Jesolo di proprietà della società fallita in collaborazione con la società che gestisce la parte vecchia, la “Porto turistico spa”, anch’essa controllata dalla famiglia Gentile, che ne possiede il 54 per cento tramite una fiduciaria estera. La “Faro” avrebbe accumulato l’enorme debito a cominciare dal 2007: negli anni precedenti i Gentile avevano proceduto ad acquisire i terreni adiacenti al bacino, stipulando con un pool di banche un contratto di finanziamento destinato a sostenere il progetto “Abitare il Porto”, progetto che prevedeva la costruzione di una nuova darsena e la realizzazione di vari appartamenti prospicenti la marina e suddivisi in tre distinti complessi. Tre importanti istituti di credito avevano finanziato la società jesolana con poco più di 20 milioni di euro, ma nel frattempo i costi della realizzazione sono cresciuti notevolmente e il progetto si è bloccato a metà strada. Inoltre, non è stato facile in tempo di crisi vendere gli appartamenti.
Si tratta di ben 126 appartamenti, tutti di lusso, all’epoca della loro costruzione messi in vendita al prezzo da un minimo di 230 mila euro a un massimo di 500. Si sarebbe trattato di una grande operazione da 150 milioni che prevedeva anche l’edificazione di una torre al centro del porto alta ben trenta piani, torre che non è mai stata costruita.
A presentare la prima istanza di fallimento è stata l’impresa di costruzioni che si era impegnata nel progetto, ma a questa si sono poi aggiunte decine di istanze di studi di liberi professionisti che avevano dato il loro contributo e di piccole aziende artigiane. Il programma era davvero ambizioso e aveva funzionato da volano nel settore dell’edilizia per piccole e medie imprese del Veneto Orientale. Adesso il crack della “Faro” rischia di trascinare con sè altre società, che per l’immobiliare avevano lavorato e soprattutto puntato per il futuro ma che neppure sono state pagate.
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