Farmaco troppo caro, ricorre al giudice
MESTRE. Essere costretti a ricorrere a un giudice per potersi salvare la vita e mettere il conto del servizio sanitario nazionale il nuovo antibiotico che la può guarire, ma dal costo proibitivo: 38 mila euro a dose.
È quello che ha fatto la signora Elvira S., 74 anni, afflitta da cirrosi a causa dall’epatite C. Lei - che non ha mai bevuto alcolici né fumato - è certa di essere stata infettata da una trasfusione di sangue durante il parto, nel 1967. Nel corso del processo d’appello per il risarcimento del danno, il perito del giudice - il professor Massimo Colombo, dell’Università di Milano - parla di un nuovo antibiotico salvavita, capace di guarire l’epatite C. Potenza del brevetto, però, ogni dose di “Sovaldi” costa la stratosferica cifra di 38 mila euro: che la signora Elvira S. non ha. Tanto più che ne servono più dosi. Così si è rivolta al giudice del lavoro - titolare per i procedimenti su controversie sui trattamenti sanitari salvavita - per chiedere che sia il sistema sanitario nazionale a pagare il suo farmaco.
A raccontare la storia - per la quale si prospetta ora un “lieto fine”: l’Asl 12 si è impegnata ad inserire l’anziana signora nel protocollo sperimentale di trattamento, da agosto - è l’avvocato Enrico Cornelio.
«Questa della signora Elvira è una storia emblematica: ha agito contro l'ospedale di Mirano dove era stata trasfusa per essere risarcita ed il Tribunale ne ha rigettato la domanda», ricostruisce l’avvocato, «la Corte d'Appello ha cambiato perito ed è cambiato il film: la trasfusione poteva essere evitata ed è stata causa pressoché certa del contagio, come ha stabilito il professor Colombo nel fissare la successione degli eventi. Siamo certi che Elvira sarà risarcita».
«Ma nel corso del procedimento, il professor Colombo le ha dato una notizia più importante», prosegue il legale, «ovvero, un nuovo antibiotico grazie al quale potrà guarire dalla malattia che l’affligge da una vita. Ma il farmaco è protetto da brevetto internazionale e costa un occhio. Lei si rivolge al primario dell'Angelo che le scrive che le gioverebbe, ma che deve farselo prescrivere dalla sua Asl di Dolo: ma solo Venezia, Padova e Verona hanno l’autorizzazione per il trattamento. A questo punto, scrivo all’Asl 12 e la signora viene inserita nel programma sperimentale. Si presenta all'ospedale, ma invece dell'antibiotico le prescrivono di rifare tutti gli esami che aveva appena fatto. I mesi passano e la signora è ormai esasperata: così abbiamo presentato un ricorso urgente al giudice del lavoro». All’udienza del 9 luglio, davanti alla giudice Paola Ferretti, la svolta positiva con l’Asl 12 che si è costituita, assicurando la somministrazione del farmaco entro i primi d'agosto: «Rinvio a settembre per verificare se Elvira potrà guarire senza una sentenza», la conclusione dell’avvocato Cornelio. Da parte sua l’azienda sanitaria veneziana osserva in una breve nota che «la vicenda è complessa e l'Ulss 12 attende l'esito del dibattimento per comportarsi di conseguenza secondo le norme di legge»: informalmente, conferma che il trattamento inizierà ad agosto, spiegando i tempi del procedimento e il rinnovo degli esami con il nuovo protocollo, dal momento che il farmaco è stato appena reso disponibile dal servizio nazionale.
A Torino, il procuratore Raffaele Guariniello ha nei mesi scorsi avviato un’inchiesta per capire quali siano i criteri per cui alcuni malati sono ammessi ed altri no alle terapie a spese della sanità pubblica. A produrre il farmaco dai prezzi proibitivi per la maggior parte dei pazienti - principio attivo Soforbuvir - è l’azienda Gilead.
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