“Falso” in compravendita famoso notaio a processo

Vincenzo Rubino con studio in viale Ancona è comparso ieri davanti al giudice Nel mirino dell’inchiesta un immobile acquistato per diventare caffetteria

È iniziato ieri davanti al giudice monocratico del Tribunale di Venezia Irene Casol il processo ad un conosciuto notaio mestrino, il 61enne Vincenzo Rubino. Il noto professionista - con studio in viale Ancona - deve rispondere del reato di falso: è accusato di averlo commesso durante la compravendita di un immobile a Venezia, nell’ambito della quale doveva svolgere il ruolo di garanzia sia per chi vendeva sia per chi acquistava. A segnalare all’autorità giudiziaria l’amministratore della società acquirente, la Dodo sas di Mazzetto Mara e C., che si è costituita parte civile nel processo contro l’imputato con l’avvocato Giovanni Molin. A difendere il notaio è l’avvocato Alessandro Rampinelli. La giudice Casol ha subito rinviato l’udienza al 7 marzo del prossimo anno, invitando il pubblico ministero Laura Cameli a portare per quel giorno i testi dell’accusa, in modo che si svolgano i loro interrogatori in aula. Scontato che il primo teste sarà l’amministratore della società che ha acquistato l’immobile, che dovrà riferire quello che stando alla sua ricostruzione è accaduto. Scontato, inoltre, che la difesa chiamerà a testimoniare anche i proprietari che hanno ceduto l’immobile, si tratta di Edie, Gianluca e Marco Bisiol.

Sarebbero due i falsi contestati a Rubino: il primo riguarda una data, quella della stipula del contratto di compravendita tra le due parti, attestando che sarebbe avvenuta nella data del 13 febbraio di sette anni fa, anziché in quella del 26 febbraio dello stesso anno. Ci sarebbero più testimoni pronti a confermare la data in cui i venditori e l’acquirente si sono trovati nello studio del notaio a sottoscrivere l’atto. Ci sono contestazioni anche sulla regolarità della registrazione dell’atto. Il secondo falso sarebbe stato commesso per omissione. Il notaio rogante avrebbe “dimenticato”, stando all’accusa, di segnalare che l’immobile era sottoposto a vincoli urbanistici e commerciali. Nessun riferimento a questo importante limite sarebbe contenuto nel contratto e proprio di questo si è lamentato l’acquirente.

L’intenzione della Dodo sas, infatti, era quella di aprire una caffetteria, che avrebbe comportato minori vincoli, ad esempio non avrebbe costretto i gestori a compiere i lavori per costruire le toilette, mentre le autorità comunali avevano imposto il vincolo commerciale di aprire un così detto bacaro. L’immobile si trova nel sestiere di San Polo, nei pressi della Pescheria di Rialto. Stando alla parte civile, a causa di questa omissione avrebbe subito un danno, oltre ad essersi trovato davanti ad un’omissione.

Giorgio Cecchetti

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