Fallimento della “Record Cucine” Setten patteggia ed evita il carcere
PRAMAGGIORE. Sia il padre sia il figlio avevano un problema, un’altra condanna precedente con il rischio di superare i due anni di reclusione, pena massima consentita per far scattare la sospensione condizionale con la garanzia di non dover andare in carcere.
Ieri, i loro difensori, gli avvocati Antonio Franchini e Tommaso Bortoluzzi, hanno centrato l’obiettivo trovando l’accordo con il pubblico ministero di Venezia Stefano Ancilotto: per la bancarotta fraudolenta della «Record Cucine srl» di Pramaggiore i titolari Ettore Setten, noto imprenditore trevigiano, e il figlio hanno patteggiato il primo una pena di tre mesi, che si aggiunge all’anno e otto mesi già patteggiato nel capoluogo della Marca per la bancarotta del «Treviso Calcio», il secondo, Fabio, un anno e sette mesi di reclusione, che si aggiunge alla pena patteggiata sempre a Treviso per evasione fiscale.
Il padre, comunque, per ottenere il benestare del rappresentante della Procura lagunare ha dovuto risarcire il curatore del fallimento, la commercialista Emanuela Vigani che si era costituita parte civile nel procedimento con l’avvocato Fabio Sarra, con cinquantamila euro. Infine, ha patteggiato due anni e mezzo di reclusione senza la sospensione condizionale della pena l’amministratore delegato dell’azienda Luciano Rebecca.
A sancire l’accordo tra le parti con la sua sentenza il giudice veneziano Alberto Scaramuzza. In precedenza, un altro magistrato, la giudice Roberta Marchiori, aveva respinto il patteggiamento e si era poi astenuta. Il fallimento, chiuso con un passivo di circa cinque milioni di euro, era stato dichiarato tre anni fa: il 5 settembre 2013 il Tribunale fallimentare di Venezia aveva chiuso la procedura di concordato preventivo, che era stata aperta nel marzo dello stesso anno, e aveva dichiarato il fallimento per la «Record Cucine di Setten. L'azienda di via Pacinotti era l'ammiraglia del gruppo Setten e la seconda azienda del settore legno del territorio per numero di addetti, ma versava in gravi difficoltà economiche dal 2011. Secondo il curatore, i titolari avevano distratto somme considerevoli in seguito a vari versamenti fatti dai conti della società al titolare Setten (l'ammontare complessivo sarebbe stato di 1,2 milioni di euro). Le uscite di quelle cifre dalle casse dell'azienda erano avvenuti nello stesso periodo in cui era scoppiato il caso del Calcio Treviso, di cui Setten era patron e poi fallito pure quello. Secondo il pubblico ministero, una parte di quei soldi sarebbero stati utilizzati per sanare i bilanci della società calcistica. Comunque, già in una memoria difensiva, gli stessi Setten, avevano ammesso che una parte del denaro era finita nel bilancio del Treviso.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia