Ex della mala del Brenta denunciato per stalking
Giovanni Giada, 65 anni, è accusato di avere inviato lettere a sfondo sessuale a una donna nella struttura di Vicenza dove sta scontando la pena per altri reati
DOLO. Dopo la revoca del regime di semilibertà a cui era stato sottoposto per avere molestato e perseguitato una giovane scout in servizio alla comunità vicentina dove era stato assegnato, Giovanni Giada, 65 anni, ex boss della mala del Brenta, è stato nuovamente denunciato per stalking, molestie e minacce a sfondo sessuale nei confronti di un’altra donna.
Questa volta si tratta della sorella di un altro ospite della stessa struttura “Progetto Jonathan” a Vicenza, in cui stava scontando la sua pena il fedelissimo di Felice Maniero.
Alla vittima, Giada avrebbe mandato alcune lettere con espliciti e pesanti riferimenti a sfondo sessuale. Non solo, ma l’avrebbe anche perseguitata costringendola a cambiare radicalmente le sue abitudini di vita.
In base a quanto hanno ricostruito i militari dell’Arma della stazione di Vicenza coordinati dal maresciallo Denza, le prime missive minatorie e dal contenuto pornografico sarebbero cominciate ad arrivare all’indirizzo di casa della donna presa di mira dal 65enne ancora alla fine dello scorso settembre. Poi le comunicazioni da parte di Giada sarebbero proseguite anche nei mesi seguenti con riferimenti sempre più pesanti e minatori.
L’ex boss, assistito dall’avvocato Riccardo Benvegnù, come nel caso della giovane volontaria, si sarebbe invaghito del suo nuovo “bersaglio” quando la donna si recava nella comunità berica a trovare il fratello.
Nel corso delle indagini, che hanno portato anche a delle perquisizioni nell’alloggio del pluripregiudicato legato alla mafia del Brenta, i carabinieri si sono rivolti anche ai colleghi del Ris di Parma, ai quali hanno spedito la documentazione inerente al caso. E dopo una serie di accertamenti tecnici gli investigatori sarebbero arrivati alla conclusione che a inviare i messaggi “hard” contenuti nei fogli bianchi A4 è sempre lo stesso soggetto. Quindi la stessa persona che aveva anche cominciato a molestare e pedinare la giovane scout.
Le indagini comunque non sarebbero ancora arrivate alla conclusione perché i militari dell’Arma della stazione di Vicenza sarebbero convinti che Giada avesse messo nel mirino anche altre donne che frequentavano la comunità “Progetto Jonathan” come volontarie o parenti di altri detenuti.
Le indagini quindi continuano anche per stabilire quante e quali donne siano state molestate nell’ultimo periodo dall’ex fedelissimo della mafia di Felice Maniero e attraverso quali altre modalità siano avvenute le molestie. I carabinieri sono comunque sicuri di essere sulla strada giusta per avere un quadro completo sulla vicenda.
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