Ex Agrimont, 8 milioni per la discarica

Doveva essere comprata dal Comune e diventare un parco, ma ora tocca ad Eni metterla in sicurezza come San Giuliano
Di Gianni Favarato

Nel cantiere aperto nel maggio scorso per realizzare i lavori di messa in sicurezza d’emergenza della discarica Malcontenta C (costo previsto 8 milioni) dov’è ancora sepolta la grande vasca di sedimentazione dei residui di produzione dell’ex Agrimont, sono iniziate le attività di “de-bombing” per la ricerca dell’eventuale presenza di bombe inesplose scaricate su Porto Marghera durante la seconda guerra mondiale.

Il Parco mai realizzato. Eppure, ironia della sorte, l’area Malcontenta C doveva diventare il simbolo del riscatto ambientale e paesaggistico di una delle più inquinate discariche del Petrolchimico, alle spalle del centro abitato di Malcontenta. Si tratta di un’area di 15 ettari delimitata dalla via Padana (Sp24) che doveva essere messa in sicurezza permanente e diventare - come prevedeva l’accordo di Programma per il Vallone Moranzani sottoscritto nel 2008 - la parte terminale di un parco lineare di 20 ettari. Un parco più grande di quello di San Giuliano che si dovrebbe estendere dal Vallone Moranzani (aree Malcontenta A e B) fino al bacino del canale Lusore, con una collinetta di 14 metri affacciata sulla laguna e percorsi attrezzati. Fatto sta che anche l’Accordo per il Vallone Moranzani - firmato da Comune, Regione, ministero, consorzi di bonifica e società proprietarie delle aree - è finito nel grande cimitero degli accordi sottoscritti in pompa magna dagli amministratori locali e dai ministeri e mai realizzati, come dimostra il pessimo stato ambientale del sito di interesse nazionale con oltre 1.600 ettari di estensione, quasi tutto ancora da bonificare, di Porto Marghera.

Chi inquina non paga. Alla faccia delle leggi europee che prevedono l’obbligo di bonifica di un’area a carico di chi l’ha inquinata - ovvero l’Agrimont, l’industria agrochimica della Montedison di Eugenio Cefis che l’ha utilizzata dal 1960 al 1978 senza mai risanarla - tocca alla società dell’Eni (rimasta con il cerino in mano dopo il fallimento di Enimont nel 1988) realizzare la messa in sicurezza d’emergenza prevista da anni. L’intervento - con tanto di decreto di autorizzazione del ministero dell’Ambiente del gennaio 2008 - ha lo scopo di isolare idrocarburi e organoclorurati per evitare la diffusione dei contaminanti dal sito in zone limitrofe e per impedire che entrino in contatto con la popolazione.

La messa in sicurezza. I lavori avviati - in attesa di possibili ulteriori ed eventuali interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente che dipendono dalla destinazione d’uso che avrà l’area in questione - dureranno 12 mesi e faranno capo a Syndial spa che è ancora proprietaria dell’area malgrado l’abbia inutilmente offerta, con tanto di soldi per la bonifica, ad una società composta dalla Regione Veneto e dal Comune di Venezia. Quest’ultimo da oltre dieci anni firma accordi in cui dice di voler acquisire questa area per risanarla e restituirla al territorio, ma non lo fa. Syndial, dal canto suo, non si ritiene colpevole dell’inquinamento e ha fatto presente l'improprio coinvolgimento dell’area Malcontenta C che è stata acquistata da Montedison (Agrimont) e da lei utilizzata fino al 1978 per usarla come discarica. All’attività di “de-bombing” in corso, seguiranno le indagini geotecniche preliminari, con rimozione degli arbusti lungo il perimetro dove verrà edificato un diaframma plastico (1.100 metri di perimetro, profondità a -17) con un sistema drenante di trincee lungo 1.200 metri e un cosiddetto “capping” (argilla e telo in Hdpe su 8 ettari circa) con un sistema di “regimazione delle acque meteoriche”, nonché la copertura dell’area con terreno conforme, cioè non contaminato, com’è stato fatto al Parco di S. Giuliano.

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