Evasione milionaria, tutti assolti
SAN STINO. Il sospetto era che, attraverso la “Log & Met Metallhandelsgesellschaft mbh”, azienda specializzata nel commercio internazionale di rottami con sede a Villaco, in Austria, Luca Venica, 40 anni, residente a sua volta a Villaco, ma iscritto all’Aire del Comune di Manzano, i suoi presunti “partner” Roberto Guardafico, 59, e Manuela Manfè, 56, coniugi di Cessalto, e i commercialisti Francesco Costa, 50, di Portogruaro, e Giovanni Zancan, 71, di Treviso, avessero trovato il modo per dribblare il Fisco italiano. E che il trucco, bilanci alla mano, avesse consentito loro di evadere oltre 86 milioni di euro in cinque anni. Ebbene, pur permanendo tale, quel sospetto è crollato insieme all’intero castello accusatorio.
Due anni dopo l’avvio dell’inchiesta, la Procura ha chiesto e ottenuto l’archiviazione del caso, ritenendo gli elementi raccolti dalla Polizia giudiziaria nella fase delle indagini preliminari troppo «aleatori» per poter sostenere in dibattimento la fondatezza dell’ipotesi di reato di concorso in omessa dichiarazione dei redditi contestata agli indagati.
Era stata una normale verifica tributaria negli uffici della “Cometfer srl” di San Stino di Livenza, di cui Guardafico è il titolare, a sollevare il coperchio su quello che la Guardia di Finanza di Venezia aveva in breve indicato come un classico esempio di esterovestizione. È da lì, e non invece dall’Austria, che sarebbero partite le direttive e che sarebbe stata gestita l’attività con fornitori e acquirenti. La localizzazione all’estero della residenza fiscale, insomma, sarebbe servita soltanto a evitare di assolvere ai relativi obblighi fiscali in Italia. Tesi che gli avvocati Maurizio Miculan, difensore di Venica, e il collega Andrea Codemo, nominato dagli altri quattro, avevano respinto da subito, ricordando come la società avesse sempre pagato le tasse Oltralpe (il periodo in esame va dal 2006 al 2011) e come, nel calcolare la presunta evasione dell’Ires, i finanzieri avessero trattato come ricavi anche i costi (e non soltanto gli utili).
A rendere insostenibile l’impianto accusatorio, secondo il pm pordenonese Federico Facchin, è la pochezza degli elementi raccolti. Ci si basa soltanto sulla corrispondenza elettronica acquisita durante la verifica a San Stino e che permise di fare emergere i collegamenti con la Log & Met. «Le email danno una rappresentazione frammentaria», osserva il pm, «e necessitano di interpretazione, che la Tributaria fa ricavandone deduzioni di carattere generale, con un processo logico eminentemente deduttivo che però, in sede penale, necessita di essere corroborato da riscontri fattuali plurimi». Tanto più, considerando che le lettere sono datate tra il 2006 e il 2008, mentre la verifica è di 5 anni posteriore all’ultima. «L’assenza di successive email», aggiunge Facchin, «incrina anche l’ipotesi di una stabile organizzazione». Censurato anche dallo stesso pm il calcolo della somma, «stabilita», scrive, «nella totale assenza della documentazione contabile, non rinvenuta nemmeno in parte, sulla base di criteri non del tutto chiari».
Luana de Francisco
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