Esumazioni in cimitero «Persa l’urna di mamma»
MIRA. La ditta esuma i resti del loro papà ma perde le ceneri della mamma: sconvolte le figlie e gli altri familiari. È quanto è capitato ad Annalisa e Renata Cagnin, residenti a Mira. Nelle scorse settimane le due sorelle hanno esumato la salma del papà Gino, deceduto nel 1991, dopo che una lettera dal Comune comunicava la data d’esumazione fissata al 29 dicembre, durante le feste natalizie. All’interno della tomba dove l’uomo era sepolto, sopra la sua testa e protetta da un pozzetto, c’era anche la teca con le ceneri della moglie e madre, Livia Bottacin, scomparsa nel 2011 e cremata.
Le figlie hanno voluto riunirli fin da subito e sono state autorizzate a riporre provvisoriamente l’urna della mamma nella tomba del papà, in attesa di spostarli nell’ossario dopo l’esumazione di quest’ultimo.
Che le ceneri fossero lì non c'è dubbio: nella lettera del Comune di Mira, ricevuta anche dall’impresa incaricata, lo si specifica chiaro.
I lavori però sono un disastro. Il giorno stabilito Annalisa Cagnin si reca in cimitero, ma quando lei arriva gli operai dell’Artco, cioè la ditta incaricata delle esumazioni, sono già avanti con i lavori: hanno già rimosso la lapide, aperto la tomba e scavato con una ruspa per arrivare alla cassa. Sono già pronti a consegnarle le ossa del padre, ma quando la signora chiede di avere anche l’urna con le ceneri della madre, cadono dalle nuvole. «Ma quale urna, qui non c’è nulla».
La famiglia corre subito in municipio, chiede spiegazioni, scongiura i funzionari preposti di recuperare l’urna. Ad oggi dei resti di Livia Bottacin non vi è alcuna traccia.
«Abbiamo aspettato fino a fine gennaio, ora andiamo per le vie legali», spiegano le sorelle che si sono affidate allo studio 3A. Il Comune di Mira si è scusato, ma ai famigliari non basta. «Qui non si tratta di marciarci sopra, il risarcimento in sé non ci interessa e avremmo molto più piacere che trovassero le ceneri di nostra madre», concludono Annalisa e Renata Cagnin, «chi ha sbagliato deve pagare».
Alessandro Abbadir
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