Estorsione aggravata dal metodo mafioso: Gaiatto resta in carcere
PORTOGRUARO. La Cassazione ha confermato la custodia cautelare in carcere per l’ex trader Fabio Gaiatto, 43 anni, difeso dall’avvocato Guido Galletti, per il concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso ipotizzato dalla Procura di Trieste ai danni della commercialista croata Karin Perusko, del presidente della Pan investment doo Marco Cavalli e del direttore della Angels consultant doo Mario Bariggi.
Intanto il 29 maggio inizierà dinanzi al gup Eugenio Pergola a Pordenone il processo a Gaiatto per la maxitruffa. La Suprema corte ha dichiarato inammissibile per motivi manifestamente infondati il ricorso di Gaiatto contro l’ordinanza del riesame di Trieste, che aveva confermato il carcere, seppur ridimensionando il quadro accusatorio con l’esclusione di due aggravanti, la transnazionalità e l’agevolazione di un’associazione di stampo mafioso, ritenute insussistenti. Non solo. La Cassazione ha condannato l’indagato al pagamento di 2 mila euro alla cassa delle ammende, oltre alle spese processuali, ravvisando «profili di colpa nelle determinazione della causa di inammissibilità».
Fra i vari motivi di ricorso, la difesa ha osservato: il Riesame ha esaminato indistintamente le posizioni dei sei indagati per estorsione, ma in realtà non c’è da parte di Gaiatto il pericolo di recidiva. La Cassazione ha ribattuto che il riesame ne ha correttamente confermato la sussistenza, per le modalità con la quale le condotte sono state poste in essere «con un attenta pianificazione, una determinata esecuzione e una spiccata intensità intimidatoria, con caratteristiche tipiche della criminalità organizzata.
Per la difesa non sono state valutate le incongruenze fra le dichiarazioni rese nell’immediatezza dalle persone offese alla Guardi a di finanza di Portogruaro (indagine per la truffa) e quelle invece fatte dopo molti mesi alla Direzione investigativa antimafia di Trieste. Secondo la difesa le circostanze mai prima riferite agli inquirenti sarebbero state, ha sintetizzato la Cassazione nella sentenza, «il frutto di una contaminazione dichiarativa ben pianificata da parte di soggetti indicati da Gaiatto quali correi di attività fraudolente in Croazia per svariati milioni di euro. In particolare le tre persone offese parlando dei due incontri presso la commercialista Karin Perusko, non riferirono delle gravi minacce rivolte dall’indagato alla stessa e soprattutto a Bariggi e Cavalli».
La Cassazione ha ricordato che il riesame «ha ben chiarito» perché le dichiarazioni rese alla Dia siano state più dettagliate: le ipotesi estorsive avevano un ruolo secondario nell’indagine per truffa della Procura di Pordenone, mentre assumevano ben altro rilievo nell’indagine della Dia e comunque Perusko, Bariggi e Cavalli avevano riferito ai finanzieri delle intimidazioni subite da sedicenti «casalesi». Fra le dichiarazioni citate: «Cavalli riferì di aver appreso da Bariggi che “i personaggi campani affermarono: se non otteniamo qualcosa ce ne andiamo e preleviamo il Cavalli”». —
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