Esodo Spisal, personale dimezzato
«I problemi più grossi li troviamo nelle piccole imprese dove la sicurezza passa in ultimo piano, serve attenzione»
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Sono i numeri a raccontare la situazione, drammatica, dello Spisal che ogni anno perde dipendenti, tra chi va in pensione chi chiede il trasferimento in un’altra Usl o in un altro servizio. Dei 21 tecnici di prevenzione presenti nell’ultimo report dell’Usl 3, risalente al 2021, l’ultimo pubblicato online, oggi ne sono rimasti 13, a fronte di 66.656 imprese in tutta la provincia.
A denunciare la carenza di personale è la Cgil: «Con questi numeri, le imprese vengono controllate praticamente una volta ogni 16 anni e, se pensiamo che qualche imprenditore pensa sempre a risparmiare sulla sicurezza, è facile immaginare che abbia la presunzione di pensare che probabilmente non ci saranno controlli» fa notare Daniele Giordano, segretario generale della Cgil Venezia, aggiungendo che, proprio nelle ultime settimane, un paio di dipendenti hanno chiesto il trasferimento. «Normale che succeda, con una carenza così importante di personale, chi c’è è sovraccaricato di lavoro».
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La situazione, a detta di Ivan Bernini (Cgil Fp), è peggiorata significativamente dopo l’accorpamento delle Usl 12, 13 e 14, nel 2017. «Da allora, il presidio territoriale è rimasto sguarnito, aspetto che rende i controlli molto più difficili» fa presente, «a questo si aggiunge un altro tema: l’Usl 3 è quella con il più alto flusso di mobilità, i giovani tecnici arrivano e poi fanno i concorsi per passare all’Ispettorato del lavoro o chiedono il trasferimento in altre aziende sanitarie, perché di fatto non sono messi nelle condizioni di poter lavorare».
Numeri alla mano, Bernini traccia una geografia della carenza di operatori dello Spisal, che vede in crisi la provincia: due a Chioggia, uno a Mirano-Dolo e dieci a Mestre. A questi se ne aggiungono 9 nel Veneto Orientale, pochi per pensare di controllare le 10.518 imprese edili.
La Cgil, dopo l’ennesimo infortunio mortale dello scorso venerdì, a Sottomarina, ha scritto al Prefetto Darco Pellos chiedendogli un tavolo dedicato al tema della sicurezza che, ricorda Giordano, non ha solo a che fare con le morti sul lavoro ma, più in generale, con tutti quegli infortuni che spesso passano sottotraccia.
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«Nel nostro territorio, il 30% degli infortuni comporta lesioni permanenti, con il conseguente rischio di restare fuori dal mercato del lavoro, ma la tutela della salute non si può configurare solo su “morti zero”, lo scorso anno abbiamo avuto più di 10 mila infortuni, e se calano quelli in itinere, aumentano quelli in azienda. Bisogna che le istituzioni prendano una posizione, non servono i cordogli, bisogna agire prima» aggiunge Giordano, puntando il dito anche contro la mancanza di trasparenza dell’Usl e della Regione, che non forniscono un report puntuale con le attività controllate.
«Non basta dire che ne sono state controllate mille, se non sappiamo quali siano, bisogna dare la priorità a quelle realtà in cui il rischio è maggiore, cosa che non sempre avviene, ed è necessario dare un indirizzo politico tale per cui la sicurezza non sia vista come un costo ma come un investimento».
Della stessa opinione è anche un ex dipendente dello Spisal, andato in pensione da qualche anno, dopo 20 anni di lavoro nel servizio dell’Usl 3. «Il problema è generalizzato e riguarda tutto il Veneto. La causa? La mancanza di volontà politica da parte di quest’amministrazione regionale di implementare i servizi».
A inizio anno, di norma allo Spisal arriva una tabella di marcia stabilita dalla Regione, con obiettivi da raggiungere, numeri da spuntare, cantieri e ditte da controllare. «Ma spesso anche la dotazione dei mezzi non è sufficiente, oltre a quella del personale» fa presente, «inoltre, ci vogliono almeno due anni per rendere autonomo un tecnico, è un percorso lungo e la carenza di dipendenti sicuramente non aiuta» aggiunge, sottolineando che la maggior parte delle criticità emerge nelle piccole imprese, con anche meno di cinque dipendenti, in cui la sicurezza passa in ultimo piano.
Ma come si possono controllare in maniera capillare, se le forze in campo sono poche? «Non si può, infatti. Che manchi la volontà politica si vede dal fatto che non è ancora riconosciuto come omicidio sul lavoro, perché ai datori non conviene».
Che il problema legato allo Spisal sia regionale e non solo veneziano lo confermano i continui concorsi che Azienda Zero bandisce. L’ultimo, l’estate scorsa, puntava a trovare 54 tecnici della prevenzione in tutta la regione, di cui 13 nell’Usl 3 e 5 nel Veneto orientale.
Speranza rimasta solo sulla carta almeno nell’azienda sanitaria della Serenissima, dove la graduatoria conta solo tre professionisti, mentre nell’Usl 4 sono arrivati a quota otto. Un anno prima, un altro tentativo per reclutare 60 professionisti a livello regionale, di cui 9 nell’Usl 3 e 4 in Veneto Orientale, aveva portato a una prima graduatoria, con i numeri tirati rispetto al reale bisogno.
La Cgil non ha dubbi: l’attività dello Spisal va potenziata, ne va della sicurezza dei lavoratori. Come? «Tramite un piano strategico della Regione, che ad oggi manca. Non possiamo continuare a sentirci dire che dobbiamo formare i dipendenti, servono risorse per triplicare il personale e aumentare i controlli». —
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