Errori nei progetti, anche Valencia cita in giudizio Calatrava
VENEZIA. Nuova azione legale contro l’architetto Santiago Calatrava, dopo quella in corso presso la Corte dei Conti per i maggiori costi del Ponte della Costituzione, da lui realizzato per conto del Comune. Questa volta dovrà vedersela con Valencia, la sua città natale. La polemica è sorta per il distacco di alcune sezioni del tetto del Palau de les Arts Reina Sofia, l’incredibile teatro dell’opera realizzato per la Ciudad de Las artes Y la Ciencia, fiore all’occhiello per la spettacolarità delle architetture, ma aspramente criticato sin dall’inizio dei lavori otto anni fa. Il problema si sarebbe presentato a seguito di forti venti che avrebbero fatto staccare dalla facciata e dalla copertura diverse parti del mosaico in piastrelle bianche, che riveste le due sezioni a vela dell’opera di Calatrava e che già qualche anno fa aveva mostrato segni di cedimento. Il Palazzo delle Arti ha chiuso i battenti a tempo indeterminato a causa della caduta di parte della sua facciata e per questo il Comune spagnolo ha ora denunciato l’architetto.
Calatrava era già stato condannato dalla magistratura di Oviedo, sempre in Spagna, a una multa di 3,2 milioni di euro per il crollo delle gradinate del Palazzo dei congressi, progettato dall'archistar e danneggiato nell'agosto del 2006, senza causare danni a persone. La società di gestione del palazzo dell'esposizione e dei congressi di Oviedo, la «Jovellanos XXI», aveva chiesto un risarcimento di oltre 20 milioni, ma il giudice Pablo Martinez-Hombre aveva ritenuto congrua una compensazione di 10,5 milioni.
Per quanto riguarda invece il processo amministrativo di fronte alla Corte dei Conti per il ponte della Costituzione, esso è stato rinviato di un anno: prossima udienza il 13 novembre. Per la magistratura contabile, il ponte doveva essere costruito in 456 giorni e lo fu in 2052, doveva costare 6,7 milioni (da progetto esecutivo) e ne costò 11,6, 3,88 dei quali - secondo la Procura contabile - un puro danno erariale per le casse del Comune. Chiamati a difendersi, appunto, l’architetto Santiago Calatrava e, con lui, tre dirigenti pubblici che si susseguirono i lavori: Roberto Scibilia, Salvatore Veneto e Roberto Casarin, che portò l'opera al taglio del nastro. La difesa ha impugnato davanti alla Cassazione lo stesso atto di citazione, sostenendo che Calatrava fosse stato un semplice consulente artistico, senza funzioni di direzione lavori e quindi non imputabile.
Per il procuratore Scarano, Calatrava è «la figura predominante, ha influito pesantemente sulle scelte operate dall'amministrazione e laddove è risultato carente in fase progettuale, nulla ha fatto in veste di consulente della direzione lavori per ovviare a tali carenze, determinando a cascata ritardi e aumenti dei costi, nonché spese presenti e future di manutenzione».
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