Eroina a 12 euro a dose, cocaina a 20. A Mestre rubano bici per comprarsi la droga
La Polizia locale denuncia quattro giovani, che spiegano i furti per la necessità di procurarsi lo stupefacente
MESTRE. Una bicicletta elettrica che vale mille euro un consumatore la ruba e la scambia con tre dosi, quattro quando gli va bene, di eroina. Come dire una sessantina di euro. Lo spacciatore la usa fino a quando funziona e poi la butta in un angolo mentre il tossicodipendente puntualmente finisce denunciato.
È il mercato dello spaccio mestrino polverizzato dove si può trovare l’eroina a 12 euro a dose, la cocaina pura anche all’80 per cento e i pusher praticano prezzi diversi a seconda se il cliente è foresto o locale. È la situazione di fronte alla quale anche il sindaco Luigi Brugnaro dice di non aver armi per combatterla.
La polizia nell’ultima settimana ha denunciato quattro ladri di biciclette. Piccoli pregiudicati che commettono reati contro il patrimonio per garantirsi la dose quotidiana. Gente che ha smesso di rubare in casa perché i genitori li hanno cacciati e ora si arrangiano in strada.
Non hanno legami solidi nel mondo dei pregiudicati per riciclare quello che rubano. Al massimo vendono i profumi che rubano nei negozi, dopo le spaccate notturne, alle badanti che frequentano i mercatini abusivi nei giardini pubblici. Per lo più scambiano gli oggetti con la droga.
E il pusher non vuole certo il dopobarba o il bagnoschiuma. Da qui la “svendita” di biciclette e monopattini elettrici. Lo confessano gli stessi consumatori quando le forze dell’ordine li denunciano.
Di sicuro Mestre a livello nazionale ha assunto un valore non certo edificante è una delle piazze col mercato più diffuso di eroina e cocaina in strada. Per assurdo il blitz del 10 luglio 2018 contro il clan dei nigeriani, di via Monte San Michele – alla fine furono 41 gli arrestati – che rappresentò il culmine del successo dello Stato sul fronte dello spaccio a Mestre, è stato l’inizio di una situazione ancora peggiore rispetto a cinque anni fa.
Da oltre un anno in città si è tornati a morire di overdose e i dati dicono che Mestre è tra le città con il più alto tasso di mortalità. La polverizzazione delle zone di vendita rende più difficile il lavoro delle forze di polizia.
Se prima che arrivava da fuori sapeva che in via Monte San Michele c’era il punto di riferimento per acquistare, ora ha l’imbarazzo della scelta. Gli spacciatori sono disseminati in un’area che ha due principali direttrici: da via Torino fino a via Trento e dall’incrocio tra via Brenta Vecchia e via Carducci ai primi stabilimenti della zona industriale di Marghera, l’ex Vidal per intenderci.
Attorno a questi due assi si è sviluppato uno dei mercati più floridi di droga del nostro Paese. Qui si può trovare di tutto. E qui arrivano da tutto il nordest per acquistare. Da tempo gli spacciatori, in particolare i nigeriani che vendono eroina, praticano prezzi diversi a seconda se il consumatore è locale e abituale, oppure foresto. A quest’ultimo, una dose (0,2 grammi) viene fatta pagare 20 euro. Il cliente abituale tratta e strappa la dose anche a 12-15 euro.
La cocaina ha il prezzo più stabile perché, anche in strada, la domanda di questa sostanza è molto alta. La dose da 0,2 grammi costa 20 euro. Difficilmente i magrebini che hanno in mano lo spaccio di questa sostanza fanno sconti, locali o meno che siano i consumatori. La si trova anche con una purezza che arriva all’80% di principio attivo. Sempre a ridosso delle direttrici di spaccio ci sono anche i luoghi, spesso a cielo aperto, dove i consumatori si appartano, si fa per dire, per consumare. Quasi tutti si trovano nel raggio di un chilometro rispetto alla stazione. Si tratta di sette luoghi dove, anche in pieno giorno, sotto alle finestre delle abitazioni, sugli scalini d’ingresso delle stesse, sotto a dei portici o in alcuni edifici abbandonati, si consuma il rito del buco.
Sono i luoghi dove gli operatori di strada, quando possono, incontrano i consumatori. Solo in alcuni casi il posto del buco è accanto al luogo di spaccio. Solitamente lo spacciatore non vuole nei dintorni il cliente mentre consuma, può solo che attirare l’attenzione delle persone. Uno dei posti “classici” dove ciò non avviene è il sottopasso ciclopedonale di via Ulloa. Qui a volte gli stessi spacciatori diventati tossicodipendenti consumano. E a tutte le ore.
La novità degli ultimi mesi sono le sempre più frequenti risse tra spacciatori delle varie etnie. Una nuova generazione di magrebini si sta imponendo e il loro scopo è di allontanare dalla piazza i nigeriani. E dietro ai nuovi spacciatori giovani e spregiudicati ci sono i clan della mafia albanese. I veri grossisti della droga che si trova sul mercato mestrino.
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Speranzon: «Basta degrado in centro. Ho voluto la rimozione delle sedute»
Il coordinatore di Fratelli d’Italia ha chiesto all’assessore Zaccariotto di togliere le panchine, ricovero di sbandati e tossicodipendenti: «Vanno spostate le mense dei poveri»
«Sono stato io il primo a chiedere all’assessore Francesca Zaccariotto di eliminare le panchine di piazzetta Zorzetto, perché era impensabile che a pochi metri da dove c’è un trenino e dove giocano i bambini, ci fossero clochard e situazioni di degrado inaccettabili, tossicodipendenti e sbandati distesi e svenuti per terra. Bisogna spostare la fonte di tutto questo, che è Ca’ Letizia, e oltre a via Querini c’è la mensa dei cappuccini, a duecento metri in linea d’aria».
Raffaele Speranzon, capogruppo di FdI regionale veneto e candidato al Senato, ha parlato della situazione in cui versa il centro di Mestre, a margine della tappa veneziana del tour veneto del fondatore del partito, Guido Crosetto, trampolino di lancio dei candidati locali alle politiche del 25 settembre. Assieme a Crosetto tutte le cariche del gruppo, a cascata, a partire dal coordinatore regionale, Luca De Carlo. Speranzon ha inquadrato il problema: «Le mense dei poveri catalizzano chi ha quel genere di disagio. Capisco, rispetto a Ca’ Letizia, che ci sia da un lato la presenza di operatori che svolgono un’attività importantissima e meritoria da decenni e che vorrebbero restare dove sono, ma la mensa si inserisce in un contesto sociale e cittadino che nel corso degli anni si è modificato, come i fruitori stessi della mensa, che sono cambiati nel numero, nel disagio che creano e nell’approccio al servizio. È di tutta evidenza che lì quel servizio non ci deve stare, perché ci sono escrementi sotto ai portici, attività commerciali che chiudono, perché è in qualche misura anche il salotto cittadino e forme di disagio di quel tipo impoveriscono la città intera. Un servizio del genere deve essere portato all’esterno: i fruitori, che hanno un momento di difficoltà, che non vogliono perdere la dignità, possono evitare di farsi vedere e notare. Il servizio serve ed è utile, la localizzazione è completamente sbagliata. La stragrande maggioranza sono persone per bene con difficoltà, ma c’è una fetta di alcolisti, tossicodipendenti e sbandati che arrivano da altri comuni, province, regioni e stati». Chiude: «La soluzione è portare al di fuori del centro questo servizio, certo non risolvi il problema, ma il cuore della città non può venire identificato con questo disagio, perché poi chiudono le attività commerciali, diminuisce il numero di lavoratori, si abbassa la ricchezza, il valore immobiliare, con conseguenze spaventose sull’economia cittadina. Non siamo insensibili, il problema c’è ma deve essere portato fuori, soprattutto Ca’ Letizia. Le due mense assieme a poche centinaia di metri, creano un disagio».
Ieri a Mestre, nella nuova sede di via Fradeletto, ad ascoltare il “numero 2” di Fratelli d’Italia, c’era molta parte del tessuto economico cittadino, invitato a partecipare. A cominciare dal presidente di Ava Venezia, Claudio Scarpa, con il vicedirettore Daniele Minotto. L’Ava sta portando le proprie istanze a tutti i candidati, ieri oltre a Fdi è toccato anche a Calenda e poi sarà la volta di Michele Mognato (Articolo Uno). Ad applaudire Crosetto diversi imprenditori e industriali, nonché rappresentanti di categoria. Presenti ieri Ernesto Pancin, storico direttore dell’Aepe (pubblici esercizi di Venezia). C’era Sandro Trevisanato, avvocato veneziano, già parlamentare e sottosegretario con Berlusconi. Paolo Armenio vicepresidente di Confindustria Venezia. E Confimi Venezia. Crosetto ha invitato chi si candida a rappresentare il territorio e farsi carico delle istanze del tessuto locale e cittadino. Ha puntato sulla necessità di snellire la burocrazia. «In Veneto abbiamo selezionato persone che abbiano la forza e la volontà di camminare sulle gambe degli uomini, vogliamo andare a cambiare. Non so cosa succederà, perché c’è stato un altro che ha provato a cambiare il nostro Paese, si chiama Matteo Renzi, da pazzo ha cercato di farlo, in due anni lo hanno ucciso. Noi vogliamo togliere la cancrena che sta uccidendo l’Italia». Azioni da mettere in campo? «Serve un intervento dello Stato che anestetizzi l’aumento delle bollette, fissando un tetto massimo e mettendo il resto»
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