«Ergastolo e voglio il corpo di Isabella»

Omicidio Noventa. Parla la mamma della segretaria uccisa, oggi la prima udienza per i fratelli Sorgato e Manuela Cacco
Di Alice Ferretti

CAMPONOGARA. Scatta l’ora X per il caso di Isabella Noventa, la segretaria di Albignasego uccisa a gennaio 2016 dal trio composto da Freddy Sorgato, la sorella Debora e la tabaccaia di Camponogara Manuela Cacco. Il giudice Tecla Cesaro oggi, durante l’udienza preliminare, deciderà se spedire il terzetto a processo davanti alla Corte d’Assise con le accuse di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e occultamento di cadavere (per tutti); stalking e simulazione di reato (solo per Manuela Cacco).

Intanto dopo tanto tempo, distrutta dal dolore, torna a parlare Ofelia Rampazzo, 84 anni, la mamma di Isabella Noventa. «Oltre ad aver ucciso mio figlia hanno tolto la voglia di vivere anche a me, non riesco a darmi pace», esordisce con gli occhi gonfi di lacrime l’anziana donna, per la quale il tempo sembra essersi fermato a quel maledetto 15 gennaio 2016. «Mi affido totalmente alla giustizia e spero in un regolare processo e in una pena giusta come lo sarebbe solo l’ergastolo. Per tutti e tre».

Questa è la speranza che coltiva oggi Ofelia: che la legge sia severa con chi le ha tolto per sempre sua figlia e di conseguenza la voglia di vivere. «Me l’hanno processata e condannata a morte, si sono permessi di ucciderla e non si sono mai pentiti. Per questo devono pagare», dice la mamma della segretaria di Albignasego riferendosi al trio diabolico. «Quando guardo le trasmissioni televisive e leggo i giornali mi sale una rabbia inimmaginabile. All’inizio soprattutto nei confronti di Freddy, dal quale mi sono sentita tradita, ora nei confronti di tutti e tre. Nessuno di loro ha speso una parola per mia figlia, anzi l’hanno continuata a denigrare anche da morta. E non hanno mai riflettuto su tutto il male che hanno fatto non solo a Isabella ma anche alla loro madre e soprattutto a quel povero bambino di Debora».

Così, tra rabbia, disperazione, tristezza e malinconia trascorrono lente le giornate della signora Ofelia: «La notte fatico ancora a dormire nonostante le gocce che da quando non c’è più mia figlia prendo regolarmente», spiega rassegnata. «Vado a letto la sera e mi sveglio la mattina con il pensiero di lei. Quando sento qualcuno che sale le scale di casa poi non riesco a trattenere le lacrime perché, anche solo per un secondo, mi illudo ancora che possa essere Isabella».

Una vita fatta ormai di ricordi. Da un anno l’anziana donna passa le giornate in funzione di quello che è successo alla figlia: guarda album fotografici, programmi televisivi che parlano di lei, legge tutti gli articoli sul caso e non si separa mai da una cornice con la foto di Isabella in primo piano.

A Ofelia ormai non sono rimasti molti sogni. Anzi, glien’è rimasto solo uno: «Voglio indietro il corpo di mia figlia».

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