«Era lì con la sega in mano, sangue ovunque in casa»

Giulio Benozzo, genero della vittima, è stato il primo a entrare nell’appartamento. Il racconto della vicina. La rabbia e il malore della figlia Daniela, ricoverata

MESTRE. «Lei non può capire. Non ci sono parole per spiegare la scena che mi sono trovato davanti agli occhi dopo essere entrato in casa».

Il racconto di Giulio Benozzo, genero di Nelly Pagnussat, si ferma alla porta d’ingresso dell’appartamento dell’anziana, al secondo piano della palazzina di via Ca’ Venier 22. Perché oltre quella porta c’è la scena di un delitto maturato nell’abisso più profondo dell’animo umano. C’erano i sacchi di plastica, quell’uomo con il volto stravolto, il martello e la sega elettrica. «Lui era ancora lì», prosegue Benozzo, «ho cercato di chiuderlo dentro. Ma lui aveva le chiavi dell’appartamento, si è aperto la porta ed è andato a rifugiarsi a casa sua, al piano di sopra. Per noi famiglie, capire che cosa sia accaduto nella mente di quell’uomo, è davvero inconcepibile». C’era qualche screzio con alcuni vicini, per via del volume della musica, che a volte teneva troppo alto, ma non con l’anziana vittima.

Venerdì pomeriggio Nelly Pagnussat non rispondeva al telefono alla figlia Rosanna, residente a Mira, che l’aveva cercata più volte senza ottenere risposte. Per questo Rosanna dopo le 19 telefona a Antonia Longo Zago, la donna che abita nell’appartamento al primo piano di via Ca’ Venier e che è appena tornata a casa dopo essere stata alla chiesa dei Cappuccini dove, come volontaria, si occupa di tenere in ordine la chiesa. Le due anziane sono amiche, tutti i giorni recitano insieme il rosario e si tengono compagnia. «Quando sono uscita, alle 17.30 la luce era accesa, lo stesso quando sono tornata», racconta l’anziana. «Ho ricevuto la telefonata di Rosanna, sono salita al piano di sopra e ho bussato alla porta ma non mi ha risposto. Ho provato a bussare più volte fino a che ho sentito dei rumori che provenivano dall’interno».

Alla donna viene il dubbio che l’amica Nelly si possa essere sentita male, magari è a terra e sta facendo rumore per attirare la nostra attenzione, pensa l’anziana. Antonia Longo Zago chiama Rosanna che a sua volta chiama la sorella Daniela, di Marghera, e le chiede, essendo più vicina all’appartamento della madre, di andare a controllare che cosa possa essere accaduto. Verso le 20 Daniela e il marito arrivano in via Ca’ Venier. Daniela, nel 2008 è colpita da un ictus - come aveva raccontato lei stessa aderendo a un progetto teatrale in cui aveva interpretato con coraggio Ofelia - decide di aspettare fuori proprio per la paura che assistere alla scena della madre che si immaginava caduta dal letto le possa provocare uno choc emotivo.

Al pianerottolo del secondo piano salgono quindi il marito, e con lui Antonia Longo Zago. Aprono la porta dell’appartamento. C’è Riccardo Torta. «Perché prima, quando ho bussato, non hai aperto la porta?», gli chiede d’istinto l’anziana. «Perché si è sentita male», risponde l’uomo alludendo a Nelly Pagnussat. «In mano aveva ancora la sega elettrica e un martello, abbiamo girato lo sguardo e c’era sangue dappertutto», dice ancora la donna. «Del resto», aggiunge con pietà, «non si può raccontare».

E mentre l’uomo si barrica nel suo appartamento, al quarto piano, scatta l’allarme alla polizia, che poi arriverà in massa nella piccola laterale di via Ca’ Savorgnan. È lì fuori che la figlia Daniela colta dalla disperazione e della rabbia, urla contro l’omicida si sua madre, quando i poliziotti lo portano via caricandolo su un’ambulanza. Colta da malore - e considerata la sua storia sanitaria - viene portata all’ospedale di Mestre, ricoverata e tenuta sotto osservazione. Le sue dimissioni sono previste per oggi.

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