«Era come un terremoto senza il crollo degli edifici»
VENEZIA. «Un terremoto senza il crollo degli edifici. Il ricordo che ho di quella mattina è tremendo: l’acqua aveva svuotato tutti i piani terra, portandosi via mobili, carte, letti e poltrone. Poi avremmo scoperto che quella data segnava anche una svolta profonda nella storia della città». 87 anni portati magnificamente, la lucidità e la memoria nitida di un giovanotto. Mario Rigo nel novembre 1966 era assessore provinciale – sarà vicesindaco di Venezia nel 1970, sindaco dal 1975 e il 1985 – di ritorno da Torino dov’era andato per un incontro del Partito socialista. «Le prime notizie le ho sentite alla radio, in macchina», dice, «parlavano di acqua alta eccezionale ma non davano l’idea della tragedia. La rottura dei Murazzi e il mare in laguna erano cosa ben diversa da un’acqua alta eccezionale. Un avvenimento incredibile, mai successo prima».
Rigo arriva a Venezia nella mattinata del 5 novembre. «In campiello del Remer a Cannaregio, dove erano le sedi del Psi ma anche del Pci e della Cgil, era il disastro. Non c’era più niente. Un destino comune alle 16 mila famiglie che abitavano allora i piani terra: avevano perso tutto».
«Di fronte a quella tragedia si mosse il mondo», ricorda Rigo, «per Venezia era scattata la gara di solidarietà, i comitati privati inglesi con sir Ashley Clark e sua moglie Frances, gli americani avevano finanziato il restauro di monumenti. Fu un esempio anche per il governo italiano, che cominciò a pensare a provvedimenti straordinari per salvare Venezia. Ci vollero comunque quasi otto anni prima che il Parlamento approvasse nel 1973 la prima Legge Speciale».
Il panorama della Venezia del 5 novembre, quando l’acqua comincia finalmente a defluire, è terribile. «Ricordo i soccorsi organizzati in Prefettura, allora non c’era la Protezione civile, con la Croce Rossa, i militari, i vigili del fuoco. Scuole e palestre requisite per ospitare gli sfollati, migliaia di famiglie che non avevano più nulla».
«Da quel giorno», continua l’ex sindaco ed ex parlamentare, «aveva preso il via l’esodo dalla città. Tutti i piani terra non erano più abitabili, la gente non aveva soldi per comprare le case di lusso e cominciava da andarsene in terraferma. 150 mila erano gli abitanti negli anni Sessanta, oggi sono ridotti a meno di un terzo».
«Il 1966», dice ancora Rigo, «fu l’inizio di un grande cambiamento. Il blocco della Terza zona industriale, la chiusura di tante fabbriche, dell’Arsenale, della Junghans e della Manifattura Tabacchi. Venezia espelle la vita industriale per autoconservarsi. Si intravede una visione più corretta dal punto di vista ambientale». La Legge Speciale ha portato cose buone come il risanamento della laguna e i restauri edilizi. Ma tanto c’è ancora da fare».
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