Epatite da trasfusione di sangue: fa causa all'Asl
Sacca di sangue infetta: la famiglia di un paziente chiede 500 mila euro. Altro procedimento per un ex dipendente dell’ospedale Umberto I: una vita segnata dalla malattia contratta in servizio

Una sacca di sangue Famiglia fa causa all’Asl
MESTRE. Due famiglie in causa contro l'Asl e la Regione per il riconoscimento dei danni subìti dai loro famigliari a causa dell'epatite. Il primo caso riguarda un ex dipendente della lavanderia dell'ex ospedale Umberto I che aveva contratto l'epatite B in ambito lavorativo; il secondo un paziente ricoverato all'ospedale civile di Venezia infettato (epatite C) dopo una trasfusione. V.R. contrae l'epatite C, come accertato da una perizia medico-legale, in seguito a una trasfusione. Per anni l'uomo era rimasto in attesa di un trapianto di rene e pur non essendo morto a causa dell'epatite la sua vita è stata comunque fortemente segnata dalla malattia. L'accertamento del contagio a causa di una sacca infetta avverrà dopo la morte, avvenuta nel 1989.
La famiglia dell'uomo (moglie e 4 figli) prima chiede un indennizzo, che le viene negato; poi si affida all'avvocato Massimo Dragone per pretendere un risarcimento danni. Chiedono complessivamente poco meno di 500mila euro. In primo grado la famiglia perde la causa. Il tribunale fa valere la prescrizione dalla data della morte e non dal momento in cui è avvenuto l'accertamento della sacca infetta (periodo successivo). L'avvocato Dragone ritiene «profondamente ingiusta la sentenza» e propone appello, chiamando in causa, oltre all'Asl, anche il Ministero della Salute. L'udienza è fissata per il prossimo 3 ottobre. Altro caso quello relativo a un ex dipendente dell'Umberto I. A G.V., che lavorava come addetto alla lavanderia dell'ex ospedale di Mestre, l'epatite B venne diagnosticata nel 1973. La malattia sarebbe stata contratta per omessa predisposizione di adeguate misure di prevenzione del rischio in ambito lavorativo.
Dopo la morte dell'uomo, nel 2003, i famigliari (moglie e 4 figli) hanno fatto causa all'Asl 12 chiedendo un risarcimento di 375mila euro. L'uomo aveva lavorato come addetto al reparto lavanderia dal 1971 al 1983. A quell'epoca non c'era l'Asl 12, ma l'Ulss 36. In prima battuta nel 2008 il tribunale stabilisce la carenza di legittimazione passiva dell'Asl 12. Come dire: sono altri che devono pagare. Viene allora coinvolta la Regione. Ma nel febbraio scorso anche la Regione contesta la propria legittimazione passiva, chiamando in causa la Gestione liquidatoria della disciolta Ulss 16 e il Comune. E proprio come commissario delle «disciolte Ulss 16 e 36» l'attuale direttore generale dell'Asl 12 Antonio Padoan ha affidato all'avvocato Ferdinando Trivellato l'incarico di tutelare l'azienda sanitaria veneziana. E sarà proprio con il patrimonio della cosiddetta «gestione stralcio» (diverso da quello dell'Asl 12) che si dovrà far fronte al risarcimento danni.
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