Eni, “barricate” e sciopero bianco

Tra i lavoratori cresce l’angoscia e si moltiplicano le iniziative di lotta contro i piani di Descalzi
Di Gianni Favarato

MARGHERA. Il prossimo 2 agosto gran parte dei lavoratori di Versalis che sono in cassa integrazione (Cig) ordinaria da sei mesi dovrebbero rientrare al lavoro, ma la società ha già annunciato che la Cig sarà prorogata e gli impianti del cracking dell’etilene, malgrado fosse previsto il contrario, non ripartiranno. Il motivo, ufficiale, è una prescrizione ambientale (meno emissioni di biossidi di azoto) del ministero per la centrale di produzione di vapore – che utilizza l’inquinante olio Fok – che doveva essere riavviata nell’attesa della costruzione di una nuova dovrebbe essere riavviata. Per questo c’è già chi propone per il 2 agosto uno «sciopero bianco», con il rientro in fabbrica di tutti i cassintegrati per fermare «i piani di nuove dismissioni di impianti e posti di lavoro a colpi di mannaia». «Se realmente i problemi fossero le caldaie del cracking» sostengono i sindacati locali «perché Eni non si fa fornire il vapore dalla società Edison che è a Marghera e si trova a 50 metri dagli stessi impianti del cracking, fino a quando il ministero dell’Ambiente darà il parere favorevole per il riavvio delle caldaie della centrale?». Più passano i giorni e più cresce l’angoscia tra gli oltre 600 dipendenti che ancora sono occupati nella società chimiche dell’Eni sopravvissute alla raffica di chiusure degli ultimi quindici anni. «Come facciamo a credere ai nuovi dirigenti di Eni e delle società controllate – dice amareggiato uno dei più anziani dipendenti, uno di quelli che teme di perdere il lavoro alla vigilia del pensionamento – che un giorno si impegnano ad assicurare investimenti in nuove tecnologie produttive e per salvaguardare l’occupazione e poi vengono sostituiti dal Governo con altri che d’improvviso rinnegano proprio quelle promesse». Il piano – per quel che è stato spiegato da Eni – è incentrato sulla chiusura di impianti la riduzioni di costi e organici per dedicarsi unicamente alla ricerca e agli approvvigionamenti di petrolio e gas metano. Il nuovo amministratore delegato, Claudio Descalzi – sostengono i delegati di base e i sindacalisti dei chimici veneziani della Cgil, che quelli di Cisl e Uil – sta «minando definitivamente la fiducia dei lavoratori nell’Eni, per la quale hanno dato una vita di lavoro»; magari rischiando di prendersi qualche malattia professionale per i veleni che si respiravano fino a pochi anni fa nelle fabbriche». Del resto, i lavoratori hanno alzato le barricate in tutti i siti dove l’Eni ha una raffineria o gli impianti chimici ancora aperti: da Gela e Priolo in Sicialia dove minacciano di bloccare anche il gasdotto che collegato alla Libia, fino a Brindisi, Taranto, Livorno, Sannazzaro (Pavia), Porto Torres (Sardegna) e Porto Marghera dove esistono doppio di impianti che producono la stessa cosa (come l’etilene ricavato dal cracking della virginafta) e per giunta con più costi che ricavi. I segretari generali e nazionali dei chimici di Cgil, Cisl, Uil hanno definito il piano dell'Eni un disegno che mette a rischio «l'intero sistema industriale dell'Italia» e hanno convocato per il 18 luglio il coordinamento nazionale di categoria per stabilire le iniziative di lotta da attuare non solo nelle raffinerie ma in tutti gli stabilimenti produttivi dell'Eni che si preannunciano dure e ad oltranza.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia