Elezioni San Donà, candidata musulmana insultata: «Ma io vado avanti»

Nadia Chihab è in lista con Oliviero Leo «La religione è un fatto personale, i miei figli sono italiani»
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - S. DONA' - CHIHAB NADIA E OLIVIERO LEO
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - S. DONA' - CHIHAB NADIA E OLIVIERO LEO

SAN DONÀ. Una donna di fede musulmana in lista scatena il dibatto in rete, tra critiche e offese. Lei è Nadia Chihab, 44 anni, da 20 abita a San Donà ed è cittadina italiana, di professione interprete. È componente nella consulta regionale, presidente dell’associazione Orizon per l’integrazione. La sua comparsa nella lista civica che sostiene Oliviero Leo ha diviso la città e animato il web, dove è stata anche insultata e osteggiata. La decisione di candidarla ha stimolato anche un dibattito tra chi ritiene che possa essere una scelta positiva e chi penalizzante per la coalizione.

Chi è Nadia Chihab? «Vivo a San Donà da 20 anni e i miei due figli sono nati qui, sono italiani e sandonatesi. Metà della mia vita l’ho vissuta qui, dove ho lavorato anche con la Cgil e mi sono occupata del sociale, parlo arabo, con una quindicina di dialetti, italiano, poi francese. Non ha senso bollarmi solo perché sono originaria di un altro Paese con una diversa religione».

Perchè ha deciso di candidarsi? «Voglio partecipare attivamente alla vita politica e amministrativa della mia città, dare un contributo concreto alla sua crescita. Nella lista civica Scegli Leo sindaco e nel suo candidato ho trovato i programmi e i valori in cui mi riconosco, tutto qui. Io credo che ci vogliano delle regole nella società e vadano rispettate, così come le leggi del Paese in cui viviamo».

Oliviero Leo ha detto di essere contrario al burqa, lei cosa ne pensa? «Bisogna fare una distinzione tra burqa, o anche nikab, che sono un modo di vestire, un aspetto culturale e non strettamente religioso. Nel Corano non si parla mai di coprire il volto, assolutamente. Il burqa poi copre tutto il viso compresi gli occhi, mentre il nikab, più diffuso in oriente, ad esempio non copre gli occhi. E c’è il velo che è anche un modo di vestire per distinguersi. In Italia coprire il volto è contro la legge e questa deve essere pertanto rispettata per la sicurezza. Non è inoltre decoroso che una donna sia completamente coperta, compreso il viso. In alcuni negozi anche in Marocco non possono entrare le donne con il volto coperto».

Lei è stata offesa per questa sua scelta di entrate in politica? «Sono stata bollata in modo un po’ vivace, come una che vuole solo rappresentare i musulmani. Io vado avanti, la religione credo sia un aspetto personale che non deve coinvolgere la politica. Sono una donna e anche musulmana, normale che qualcuno abbia, diciamo, storto il naso. Ho sentito di persone che denunciano che i musulmani e gli immigrati vogliono governare e comandare in città. Io sono un’immigrata, ho studiato, lavorato, sono cresciuta in un Paese, l’Italia e San Donà, che mi ha accolto. E ho avuto delle opportunità importanti. Non mi sento una marocchina e basta, sono una donna che ha vissuto l’emigrazione come tante altre. Io vorrei rappresentare chi arriva in Italia dagli altri Paesi, gli immigrati e aiutarli a integrarsi perché questa è la vera ricchezza di una cultura e di un Paese e assieme possiamo farlo crescere».

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