Elezioni a Venezia, firme false per la lista di Forza Nuova: perquisite le case di otto attivisti

Gli uomini della Digos negli appartamenti di Sebastiano Sartori e Alessandra Guarinoni, storici esponenti del movimento di estrema destra
Sebastiano Sartori
Sebastiano Sartori

VENEZIA. Firme false per presentare la lista di Forza Nuova alle elezioni comunali di Venezia di giugno 2015: a quasi un anno di distanza sono state perquisite le abitazioni di otto attivisti del movimento di estrema destra. Si tratta di quattro veneziani e di altrettanti trevigiani. Tra i veneziani figurano nomi di spicco come Sebastiano Sartori, storico leader di Forza Nuova in laguna e del movimento a livello regionale, e Alessandra Guarinoni, oggi leader di Forza Nuova a Venezia.

L'indagine fa capo alla Digos veneziana su input della Procura della Repubblica lagunare che ora ha passato tutto alla Procura di Pordenone, dal momento che i fatti contestati erano accaduti a Portogruaro che cade, dal punto di vista giudiziario, sotto la Procura friulana.

A decidere per la non ammissione della lista di Forza Nuova alle comunali 2015, con candidato il segretario Roberto Fiore, era stato l'Ufficio elettorale del Comune di Venezia e successivamente la linea era stata confermata dal Tar del Veneto.

La lista era stata esclusa perché parte delle firme a supporto erano state autenticate a Portogruaro, comune diverso da quello dove si svolgevano le elezioni. Forza Nuova aveva replicato sostenendo che non esiste una norma che vieta esplicitamente che le firme siano autenticate altrove, ma per i giudici amministrativi veneti non c'era dubbio: vale la logica. Avevano osservato i giudici «come nessuno degli altri soggetti legittimati ad autenticare le sottoscrizioni (od a compiere altri atti destinati ad attribuire pubblica fede ad un atto privato) quali notai, segretari comunali, cancellieri, possa svolgere tali mansioni indiscriminatamente, senza limiti territoriali», «la loro legittimazione è, invece, sempre limitata ad un determinato territorio di riferimento. Il principio vale anche per i consiglieri di comuni e province».

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