Effetto Europa, scarcerati a Venezia i primi 15 clandestini
La Procura lagunare ha recepito la recente sentenza della Corte di giustizia europea che ha bocciato il reato di clandestinità introdotto dal governo italiano. Presto decine di nuove scarcerazioni
VENEZIA. Entrare in Italia da clandestino non è più un reato. A ribadirlo, smentendo la legislazione italiana voluta dal governo di Silvio Berlusconi e Roberto Maroni, è stata la Corte europea sei giorni fa. E anche la Procura veneziana si sta adeguando: lunedì sono stati scarcerati da Santa Maria Maggiore i primi quindici extracomunitari arrestati e condannati solo per il reato di clandestinità. Ieri, invece, il procuratore e il pubblico ministero incaricato hanno firmato altri cento provvedimenti che riguardano coloro che avrebbero dovuto essere cercati e bloccati nei prossimi giorni. Verranno anche riviste altre sentenze, che hanno condannato gli immigrati soltanto per clandestinità e quindi altri extracomunitari potranno uscire dalle carceri veneziane. La decisione della Corte europea di Strasburgo, infatti, è retroattiva e cancella le norme della legge ormai conosciuta come Bossi-Fini perchè in contrasto con la direttiva europea entrata in vigore la vigila dello scorso Natale.
Fino al giorno in cui si è pronunciata la Corte di giustizia Europea, il 28 aprile dello scorso anno, in Italia l'extracomunitario che risultava condannato per essersi trattenuto nel nostro territorio senza giustificato motivo, non rispettando l'ordine del questore di lasciare l'Italia entro 5 giorni, era legittimamente detenuto. Infatti per la violazione di quell'ordine - equiparata a un reato penale - era prevista una condanna da uno a 4 anni di reclusione in base al pacchetto sicurezza introdotto nel 2009 dal ministro degli Interni Maroni, per inasprire le norme anti-immigrazione della già discussa Bossi-Fini. Quando la maggioranza del Parlamento aveva varato quelle norme, tutti ben sapevano che erano in netto contrasto con la normativa europea, peraltro sottoscritta dall'Italia.
Infatti, la direttiva 115 del 16 dicembre 2008 (votata dal Parlamento europeo e adottata dal Consiglio) imponeva prima il rimpatrio volontario, poi a scalare provvedimenti più pesanti prevedendo l'eventuale trattenimento in un Centro di identificazione - e quindi una limitazione della libertà temporanea - per un massimo di 180 giorni solo al fine dell'espulsione. L'Italia non si è mai adeguata a quella direttiva: avrebbe dovuto farlo entro il 24 dicembre 2010. Già a gennaio alcune Procure, ma non tutte, avevano adottato la normativa europea.
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