Edilizia al bivio, la crisi resta profonda

Il direttore Api: «L’imperativo è cambiare». Primo semestre 2015: -14% di fatturato. In 7 anni imprese ridotte del 60%
Di Gianluca Codognato
Mestre (VE):.Via Mestrina, 6. Inaugurazione sede del API (associazione piccole e medie imprese)..Piarorlando Roccato, direttore API..22/03/2001 © Light Image Studio..Fornasier.
Mestre (VE):.Via Mestrina, 6. Inaugurazione sede del API (associazione piccole e medie imprese)..Piarorlando Roccato, direttore API..22/03/2001 © Light Image Studio..Fornasier.

S’è costruito troppo, male, e pensando più agli oneri di urbanizzazione che al bene del territorio. Ecco perché il settore edile nel Veneziano non è investito da quei segnali di ripresa che interessano, tra gli altri, il comparto immobiliare. Le imprese delle costruzioni soffrono, il loro numero è sceso del 60% dal 2008 a oggi, e nel primo semestre del 2015 si registra un calo del fatturato che sfiora il -14% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. In effetti, «l’edilizia in provincia deve ancora uscire dal tunnel», spiega Pier Orlando Roccato, direttore Associazione delle piccole e medie industrie (Api) di Venezia che ha elaborato i dati di Unioncamere. «E secondo le nostre previsioni non ne uscirà per altri due o tre anni e solo se si sarà in grado di cambiare radicalmente. E la strada è indicata già da alcuni anni: bisogna ristrutturare, anche interi quartieri, non costruire nuove strutture, che restano vuote».

Il direttore dell’associazione suggerisce per Mestre un metodo che potremmo definire stile Altobello, con il restyling del quartiere concordato assieme ai residenti come si è fatto con il contratto di quartiere.

«In terraferma le ristrutturazioni potrebbero coinvolgere intere zone e interessare aree a rischio degrado», suggerisce Roccato. «Penso a via Piave, oppure, in maniera diversa, a via Carducci o a via Torino». Beh, se davvero è possibile rilanciare l’edilizia riqualificando interi quartieri, questa strada bisogna percorrerla al più presto. Perché il settore edile ha proprio bisogno di un rilancio, vista l’importanza del comparto testimoniata dai dati. Sono un migliaio le aziende delle costruzioni attive in provincia, ma guardando l’indotto i numeri triplicano.

Ogni azienda ha una media di dipendenti che varia da 3 a 10 e i fatturati di ogni singola impresa vanno da 1 ai 4 milioni di euro l’anno. Il settore edile produce nel Veneziano valore aggiunto. Ma ora latita perché paga gli errori del passato. Si è costruito troppo, ma anche male. Tanto che, avverte ancora Roccato, «il 60% delle strutture nel territorio provinciale non è a norma con la classe energetica. In un centinaio di plessi scolastici mancano i certificati antincendio e antisismici, se non entrambi. Anche il settore alberghiero è vetusto. Ecco perché la parola d’ordine è ristrutturare». Ora, secondo Confapi del Veneto, è il momento di sedersi tutti attorno a un tavolo, anche per non perdere l’occasione fornita dalla nuova Città Metropolitana.

Gli argomenti da discutere con amministrazioni pubbliche e associazioni riguardano in particolare la cavillosità degli iter burocratici e le sinergie fra pubblico e privato.

«Da tempo noi proponiamo l’istituzione di un fondo di equità per cartolarizzare i beni invenduti da utilizzzare come garanzia», conclude Roccato, ribadendo la richiesta. «Nell’edilizia ora servono investimenti, perché come dimostrano i dati sul fatturato, la crisi nel comparto prosegue senza sosta».

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