"Ecco il mio 8 marzo da reclusa in casa"

La testimonianza di una trentenne veneziana vittima di stalking che ha deciso di raccontare pubblicamente il suo incubo

MESTRE. «La “festa” dell'Otto Marzo la passerò segregata tra le mura domestiche. A trent’anni non mi posso permettere il “lusso” di mettere il naso fuori dall’uscio, per paura di quello che “lui”, il padre di mio figlio, potrebbe fare: a me, i miei familiari, i miei amici. Neanche al posto di lavoro posso più andare: per motivi di sicurezza sono costretta a lavorare da casa». L’ultima denuncia Elisa D. - trentenne vittima di stalking da parte del suo ex compagno - l’ha presentata questa mattina ai carabinieri del paese in cui vive, nel Veneziano. È la sesta degli ultimi quattro mesi: il primo dicembre, il 6, il 22. E poi ancora il 15 gennaio e il 20 febbraio.

L’ultima volta il suo ex l’ha visto venerdì: si è presentato davanti all’ufficio nel quale lavora, in città. Insulti sulle pareti del palazzo di fronte all’ufficio. Con un cacciavite e un martello si è sfogato sull’auto della ragazza, che ora è anche costretta a lavorare da casa, decisione presa d'intesa con il responsabile del suo ufficio.  A leggere i messaggi del suo telefonino vengono i brividi. Nell’arco di pochi minuti si passa da “Ti amo, non posso stare senza di te” a “Ti ammazzo, te e la tua famiglia. Ti faccio impazzire, ti distruggo la vita”. «La mia purtroppo», racconta, «è una storia come quella di tante altre donne. Ho deciso di denunciarla pubblicamente perché speso che possa servire, per me e per chi si trova nella mia soluzione». L’incontro risale a sei anni fa. L’incontro, l’amore, un figlio e la convivenza. Poi la scoperta, una mattina della droga nascosta dentro la carta stagnola, dentro un cassetto sotto la biancheria. La promessa di uscirne, il tira e molla.

Nel 2012 lui alza le mani, lei lo denuncia. Poi lo perdona, ci riprova. «Volevo tenere la mia famiglia unita, dare a mio figlio una figura paterna». Un rapporto sulle montagne russe fino a quando, lo scorso agosto, Elisa, che nel frattempo è andata a vivere per conto suo e lo accolto per l’ennesima volta, decidere di dire basta. Cominciano i mesi dell’incubo dal quale non è ancora uscita. Continue telefonate, messaggi di minacce, pedinamenti davanti a casa e davanti all’ufficio, continui danneggiamenti all’auto, le gomme ripetutamente tagliate, anche ai familiari. Elisa prova timore, rabbia e anche vergogna. Ma decide non stare zitta e denuncia tutto. Lo fai ai carabinieri, ora la fa anche pubblicamente.

«Ho chiesto alle forze dell’ordine protezione, li ho supplicati che almeno lo fermino mentre guida senza patente. Tutto inutile. Senza un provvedimento del pubblico ministero, mi hanno detto, non possono muovere un dito». Elisa non ce la più a restare reclusa a casa. Alle forze di polizia implora aiuto, alle altre donne dice di trovare il coraggio di scrivere subito la parola fine agli amori malati, a se stessa di avere coraggio e al suo piccolo che la paura presto passerà.

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