Ecco come Debora contattava Manuela
Delitto Noventa. La sorella di Freddy usava il cellulare del figlio per dire alla tabaccaia di tacere
CAMPONOGARA. Rischiava di vuotare il sacco Manuela Cacco, come è accaduto, perché «dimostrava di non saper continuare a fingere e a reggere la pressione mediatica e degli inquirenti». Rischiava di dire, se non tutta, almeno una parte della verità sull’omicidio di Isabella Noventa. Debora Sorgato è preoccupata. E non esita a utilizzare addirittura il cellulare del figlioletto, fingendosi il ragazzino, per scrivere a Manuela e invitarla a tacere, a nome della mamma
(cioè di lei stessa)
. Scrive il gip Tecla Cesaro nelle motivazioni della sentenza che ha condannato il terzetto assassino formato da Freddy e Debora Sorgato (30 anni di carcere a testa) e da Manuela Cacco 16 anni e 10 mesi): «La preoccupazione dei fratelli Sorgato era dettata dal timore che la donna potesse tradire il patto criminoso che la teneva a loro legata. E in tal senso assume un preciso significato il messaggio inviato (
da Debora alla Cacco)
a mezzo whatsapp dal cellulare del figlio». È l’1.22 del 13 febbraio 2015, il giorno precedente alla convocazione in questura della tabaccaia di Camponogara, l’anello debole del trio: «Ok grazie mille e la mamma ha detto di non fiatare». Cacco risponde, pensando di chattare con il figlio dell’amica: «Ok dille che starò in apnea finché schiatto. Ha ha ha».
Ma i due fratelli continuano ad aver paura. E allora Debora contatta Manuela e la invita nel suo appartamento a Camin. «Era la persona emotivamente più fragile» si legge nella sentenza a proposito della Cacco, «quella che dimostrava difficoltà nel continuare a fingere paventando anche la possibilità di suicidarsi». Non a caso «è stata la prima a dire la verità quanto alla messinscena quando ancora non era indagata e in stato di fermo, fornendo una narrazione che, nel corso del tempo, si è consolidata e cristallizzata».
La sera del 15 febbraio alle 20 l’appuntamento in questura: è la “trappola” architettata dal pm Giorgio Falcone che le fa vedere le riprese delle telecamere installate nel centro di Padova. Poche ore dopo il delitto, Manuela sfila indossando il piumino bianco della vittima con l’obiettivo di accreditare la tesi dell’allontanamento volontario di Isabella. Lei crolla e ammette di essere stata la controfigura di Isabellanizia la collaborazione più solida con «il racconto dell’uccisione di Isabella e del nascondimento del cadavere da parte dei fratelli Sorgato... Un racconto che segna un ulteriore svolta nelle indagini».
(cri.gen.)
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