È finito a Bali il “cervellone” che sventò la truffa a Bill Clinton
di Mitia Chiarin
MESTRE. Il linguaggio della programmazione l’ha imparato all’età di cinque anni. Una gioventù trascorso nel centro di Mestre con tanti amici e studi allo Zuccante ma nessun diploma.
Oggi Roberto Capodieci, 39 anni, è uno dei geni dell’informatica che Mestre ha esportato all’estero. Un “cervellone” che si racconta sempre con ironia. «Se non avessi imparato a lavorare con i computer cosa avrei fatto? Ho provato a fare il cameriere ma è un mestiere che non fa per me. Forse mi sarei specializzato in sociologia. O, piuttosto, mi sarei messo a fare cabaret». Quello di Capodieci è un nome notissimo. Nel 1997, dopo aver sventato una truffa informatica ai danni del governo Usa, Roberto ha visto sul suo computer apparire una mail con il “Thank You”dell’allora presidente americano Bill Clinton. Nel 2003 il nostro giornale gli dedicò una lunga intervista tutta incentrata sul suo lavoro di detective elettronico. Poi, come tanti, anche lui è andato via. Dieci anni dopo lo ritroviamo a Bali, padre di due bellissimi bambini, e sposato con la cinese Patricea Chow. Oggi Capodieci dal paradiso di Bali continua a lavorare come consulente, partecipa a diverse attività informatiche e multimediali.
Ma a girare il mondo questo simpatico mestrino ha iniziato presto. Prima di trasferirsi a Bali, nove anni fa, ha vissuto per un periodo negli Usa e poi ha trascorso tre mesi a Singapore. «Ma in quel posto non mi trovavo bene. Il posto giusto dove vivere è quello dove c’è la gente giusta», ci racconta. In Indonesia è pronto, dice, a stare per almeno altri dieci anni con la sua famiglia.
E a Mestre ci torna mai? «Torno per la famiglia e lo faccio di media una volta l’anno. Ma non quest’anno. Cosa mi manca di Mestre? I tramezzini, gli spritz, certi amici, una passeggiata a Venezia. Se sei di Mestre e vai in giro per il mondo tutto è sempre più bello ma io comunque, Mestre la amo. L’Italia, però, vista attraverso internet, mi fa pena».
Se provi a chiedere a Roberto Capodieci alcuni consigli a chi vuole andarsene dall’Italia, lui ti risponde con una mail fitta di informazioni. Perché negli anni consigli ne ha dati tanti. «Le prime cose da fare sono comprare un biglietto aereo di sola andata e andarsene!», ci dice. Poi si fa serio: «Non decidere all’ultimo momento; non prendere decisioni azzardare, non chiudersi porte alle spalle. Partire pensando di non tornare più indietro a volte fa fare cose di cui ci si può pentire».
E ancora: «Non partire senza i documenti giusti: farsi un’assicurazione valida all’estero, avere un passaporto che scade dopo anni, un bancomat che funziona ovunque, una patente internazionale valida qualche anno». Portarsi dietro un palmare «può salvare la vita». E «non restare culturalmente italiani, non restare attaccati alla pastasciutta e non sperare nella comunità italiana perché non esiste. All’estero gli italiani tendono ad evitare gli italiani». Continua:«Non contate sulle istituzioni italiane all’estero perché, mi duole dirlo, ma ambasciate e consolati non sono troppo efficienti. Non come uno se li aspetta». E «non restate residenti in Italia. Se partite per vivere all’estero iscrivetevi all’Aire (Anagrafe italiana residenti all’estero).
Al vostro Comune di residenza registrano il vostro nome e Equitalia deve venire a trovarvi in Zimbabwe (se siete lì) per pignorarvi i mobili».
(4- continua)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia