Due siti per ampliare il porto franco
Rientra la richiesta di ottenere gli stessi privilegi doganali di Trieste. Montesyndial e Fusina restano le aree candidate
Marcia indietro dell’Autorità Portuale e del Comune di Venezia sulla richiesta di ottenere una “zona franca doganale internazionale” estendibile a tutta l’area portuale, come è sta o concesso a Trieste.
Una richiesta impossibile da accettare per il Governo – che altrimenti si vedrebbe chiedere lo stesso trattamento da parte di tutti gli altri porti italiani – che rischiava di far saltare in aria anche la possibilità di allargare, come richiesto in precedenza, la piccola zona franca (solo 8.000 metri quadrati alla fine di via del Commercio) ad altre due aree che spetta alle istituzioni locali indicare con precisione per permettere al ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, di emanare un decreto ad hoc nel pieno rispetto delle direttive dell’Unione Europea.
Il ripensamento è dell’altro ieri, frutto dell’incontro tenutosi in Camera di Commercio Delta Lagunare, al qual erano presenti, oltre a Damaso Zanardo e Lino Gottardello in rappresentanza dell’ente camerale , l’assessore regionale Roberto Marcato, il segretario dell’Autorità Portuale, Conticelli e i rappresentanti del Comune di Venezia e dell’Agenzia delle Dogane.
All’incontro è prevalso il «realismo» del sottosegretario del ministero dell’Economia, Pier Paolo Baretta, il quale aveva ricordato a tutti che il governo è pronto ad accogliere le indicazioni «nei termini indicati nel tavolo nazionale, a cui si può aggiungere l’istituzione di una zona economica speciale (Zes), per quale però non esiste ancora una legge nazionale che ne permetta la costituzione e il riconoscimento ufficiale di tale zona».
Le aree individuate sono: in primo luogo parte dei 90 ettari delle aree ex Montedison ed ex Syndial – dove esistevano gli impianti di produzione di fibre acriliche e acido solforico, chiusi e demoliti – acquistate dal porto attraverso una società terza, Newport Container and Logistics spa, controllata dall’Autorità Portuale; si è parlato anche di una parte dei 38 ettari del terminal Ro/Ro (Autostrade del mare) già in funzione e gestito da una società privata (Terminal Fusina srl) controllata dal Gruppo Mantovani. Ora l’indicazione delle due possibili aree di allargamento sarà messa nero su bianco e inviata al ministero dell’Economia che dovrebbe riconvocare il tavolo nazionale, al quale sono presenti anche i rappresentanti del ministero dei Trasporti e dello Sviluppo, per una stretta finale. Con un porto franco più grande ed efficiente – in grado di garantire agevolazioni doganali, di far risparmiare l’Iva alle aziende di trasporto e sfruttare una serie di privilegi doganali e godere delle semplificazioni burocratiche – potrebbe aumentare i traffici di merci in colli provenienti dall’Est europeo, oggi “monopolio” assoluto del porto di Trieste. La conquista di nuovi traffici per merci e passeggeri dipenderà anche dal nuovo piano regolatore – attualmente in elaborazione e tema di confronto tra Autorità Portuale e le categorie interessate – che prenderà il posto di quello in vigore che risale al 1965 per l’area di Porto Marghera e al 1908 per le aree delal Stazione Marittima di Santa Marta e le banchine di San Basilio, sede dell’Autorità Portuale.
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