Due gondole per l'Unità d'Italia: ecco il regalo di Venezia per i 150 anni
Due anni di lavoro da «Crea» alla Giudecca per le gondole che a Torino faranno rivivere un momento magico del 1730
A fianco Gianfranco Vianello il famoso «Crea» nello squero con le gondole appena terminate Più a sinistra la peschiera della reggia di Venaria Reale che le accoglierà Sotto il titolo la peota ornata realizzata per i Savoia nel 1730
VENEZIA. «Non sono due gondole, sono due figlie». E' con queste parole che Gianfranco Vianello, responsabile del Cantiere Nautico Crea della Giudecca, commenta la conclusione di un incarico durato circa 500 ore di lavoro e concretizzato nella magistrale realizzazione di due gondole tradizionali, in procinto di partire per la Venaria Reale di Torino, in occasione dei festeggiamenti dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Che cominceranno il 17 marzo, forti anche di questa ben visibile presenza veneziana. Il modello adottato per le due "inviate" è quello della gondola anni Cinquanta, l'unico a possedere una linea «così semplice da non potersi permettere di sbagliare» e quindi all'altezza della missione per cui sono state create, raccontare una storia di più di due secoli fa.
Siamo nel 1730 in una Torino sottomessa alle rigide imposizioni di Vittorio Amedeo II di Savoia il quale, colpito da una crescente follia, bandisce ogni forma di mondanità, cedendo infine il potere al figlio. Opponendosi alla durezza del tenebroso padre, Carlo Emanuele III ripristina lo sfarzo di corte e, nel 1730, come prova di magnificenza, ordina a due veneziani la costruzione di un'imbarcazione da esibire durante i cortei e le parate sul Po. Il destino vuole che si tratti proprio dei due maestri che hanno appena ultimato la costruzione dell'ultimo Bucintoro, quello che poi verrà bruciato da Napoleone.
Freschi di minuziose decorazioni e intagli da sogno Matteo Calderoni ed Egidio Goyel creano, partendo dalla classica "peota", un'imbarcazione simile per sontuosità al Bucintoro, tanto che ancora oggi viene chiamata così. Trainata da buoi e cavalli, la peota sfida la forza della corrente del Po e approda verso i primi di settembre del 1731 a Torino, dove diventa la vera regina di corte. Come da costume, anche la nuova protagonista della rinascita sabauda esige due damigelle per uscire in parata; ecco allora giungere, sempre da Venezia, due gondole raffinate e austere, andate poi perse nel corso dei secoli, a differenza del Bucintoro torinese, rimasto quasi intatto e in attesa degli ultimi ritocchi prima di potersi esibire alla Venaria con le due accompagnatrici.
«Mi hanno commissionato molte gondole - prosegue il maestro Vianello - ma pensare che queste due saranno esposte per ricordare l'Unità d'Italia è un po' come mettere la ciliegina sulla torta a tutta la mia attività». Due anni di lavoro e l'impegno di quattro professionisti chiave: un maestro d'ascia, un remer, un fabbro e un intagliatore, tutti motivati dalla passione per le barche e per la voga, come del resto i committenti piemontesi, i membri della Società di Canottieri Armida, di cui Ugo Sandroni, veneziano d'origine, fa parte: «Le due gondole rimarranno per un periodo nella Peschiera situata negli splendidi giardini della Venaria Reale, e saranno disponibili per i visitatori che desiderano fare un giro. Inoltre, verranno utilizzate in caso di piccole regate e comunque saranno sempre un'opportunità per raccontare la storia di Venezia e Torino».
Vianello spera soprattutto che le due gondole siano testimoni di una professione che è destinata, a suo parere, a scomparire: «I miei maestri sono stati uomini come Tramontin, Giupponi e Costantini; loro mi hanno trasmesso una passione che si acquisisce solo con dedizione, fatica e umiltà. Oggi c'è troppa burocrazia». Per Sandroni l'arrivo delle due gondole ha il senso di «consolidare dei legami più profondi», come quello per le imbarcazioni e per la cultura che ne consegue, e di «mantenere vivo quello che ci unisce e non quello che ci separa». E questo oggi è il vero viaggio controcorrente.
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