Due giorni per rimuovere un tumore

Intervento record all’ospedale di Venezia: salvato un ottantenne nel reparto di Urologia

Due giorni di operazione per restituire ad una serena vecchiaia e all’affetto dei nipotini, un paziente ottantenne cardiopatico ma pienamente autosufficiente. L’intervento è di qualche giorno fa, l’anziano è uscito dall’ospedale di Venezia venerdì scorso. Lo staff di Urologia del nosocomio, guidato dal primario Claudio Milani, gli ha asportato un grosso tumore renale, con una strategia inedita articolata in due fasi. La massa neoplastica, cresciuta senza che si manifestassero dei sintomi evidenti, purtroppo aveva invaso la vena renale e la vena cava inferiore, la grossa vena che porta al cuore il sangue della parte inferiore del corpo. «Bisognava operare in tempi brevi», spiega Milani, «per il pericolo di una estensione del tumore fino al cuore e per il rischio che si staccassero dei frammenti tumorali che avrebbero potuto causare un’embolia polmonare».

La complessità dell’intervento ha richiesto una soluzione speciale, dato che il paziente non solo era cardiopatico ma anche affetto da un aneurisma dell’aorta, non tale da dover essere operato, ma che avrebbe creato seri problemi nelle fasi preliminari dell’operazione. Di fatto, l’intervento è durato due giorni ma le precauzioni adottate hanno permesso di eseguire un’operazione chirurgica rischiosa, in condizioni di grande sicurezza. Per rimuovere il tumore era necessario superare due scogli: chiudere l’arteria renale destra senza causare conseguenze pericolose ed evitare danni al cuore e al cervello del paziente durante la chiusura temporanea della vena cava dove si annidava il tumore. Il primario Milani e Giuseppe Grassi, primario di Cardiologia, hanno escogitato il modo per aggirare gli ostacoli. Il piano è stato studiato a tavolino nei minimi dettagli grazie alla sinergia tra urologo, cardiologo e anestesista. Un giorno di preparazione del paziente in Cardiologia e il secondo giorno l’operazione vera e propria. «La chiusura preventiva della arteria renale e l’applicazione di un filtro venoso per prevenire l’embolia, nonché di un dispositivo per privilegiare la circolazione cardiaca e cerebrale in caso di abbassamento della pressione, realizzate dal cardiologo», chiarisce Milani, «hanno reso possibile per il chirurgo dedicarsi direttamente alle delicate fasi di apertura della vena cava, rimozione del tumore, sutura della parete venosa e asportazione di tutto il tumore renale senza gravi rischi». «Siamo particolarmenteorgogliosi per la qualità di questo intervento», spiega il primario di Urologia, «che viene in genere eseguito in molti centri di eccellenza in pazienti più giovani, ma soprattutto siamo contenti per aver ridato la vita ad un paziente anziano, cardiopatico e con seri problemi vascolari».

Marta Artico

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