Due cerimonie per ricordare Loris Bertocco

Quella privata a casa sua con le ceneri sotto un noce. La pubblica sabato a Villa dei Leoni 
FIESSO. Due cerimonie, una pubblica e una privata si terranno a Fiesso nei prossimi giorni, e nel pomeriggio di sabato 28 ottobre, a villa dei Leoni a Mira per commemorare Loris Bertocco l’uomo di Fiesso, che nelle scorse settimane ha trovato la morte assistita in una clinica in Svizzera dopo essere rimasto paralizzato fin da giovane.


Negli ultimi tempi Bertocco aveva dovuto fare i conti anche con la cecità. Le sue sofferenze, ma anche il suo estremo amore per la vita, sono stati sintetizzati in un memoriale di 11 pagine scritto da lui “per smuovere le coscienze”.


La sua storia nei giorni scorsi ha avuto un’eco nazionale e da più esponenti politici è giunta la richiesta di uno scatto d’orgoglio da parte del Parlamento per approvare una legge definitiva sul “fine vita”.


Una storia come molte altre in Italia, hanno sottolineato gli amici Gianfranco Bettin e Luanza Zanella, tanti frammenti di vita che spesso hanno colpito nel profondo l’opinione pubblica, in attesa di una regolamentazione da parte del Parlamento. Nei prossimi giorni i famigliari hanno organizzato un addio privato a Loris Bertocco nella sua casa di Fiesso, disponendo che le ceneri ora contenute in un’urna e in arrivo dalla Svizzera, siano sparse sotto il noce che lui tanto amava nel giardino di casa.


Una cerimonia pubblica in forma laica, invece, si terrà a Villa dei Leoni a Mira. «La famiglia e gli amici di Loris Bertocco», spiega il sindaco Marco Dori, «ci hanno chiesto di poter avere a disposizione la villa per una commemorazione pubblica in forma laica in suo ricordo, il prossimo sabato pomeriggio 28 ottobre, e abbiamo acconsentito a questa richiesta».


In Riviera del Brenta, quello di Loris Bertocco non è stato primo caso di persona ammalata che ha deciso la morte assistita in Svizzera. Qualche anno fa lo aveva preceduto l’ex assessore comunale di Dolo, Vittorio Bisso.
(a. ab.)


Riproduzione riservata © La Nuova Venezia