Dopo Galan, davanti al giudice Matteoli, Orsoni e Sartori
VENEZIA Dopo Giancarlo Galan, con una sentenza ormai passata in giudicato e costretto ad abbandonare la sua bella villa, tocca ad un altro ministro, sempre dello stesso partito, quello di Berlusconi, anche se di provenienza Alleanza nazionale.
Giovedì 22 ottobre, infatti, l’imputato di spicco tra i dodici (gli altri sono usciti dal processo patteggiando la pena), per i quali i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini hanno chiesto il rinvio a giudizio, c’è Altero Matteoli, un tempo ministro dell’Ambiente e poi dei Trasporti e delle Infrastrutture, ora senatore di Forza Italia. Assieme all’imprenditore romano Erasmo Cinque, suo grande amico e soprattutto assieme a lui ai vertici di Alleanza nazionale, è accusato di concorso in corruzione: l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati ha raccontato di essere andato sia a Roma sia in Toscana, nella villa dell’esponente politico, a consegnargli cospicue mazzette in cambio dell’interessamento per le sorti del Mose. La sua difesa, davanti al giudice dell’udienza preliminare Andrea Comez, punterà prima di tutto a far trasferire il procedimento a Roma: se qualcuno lo ha pagato, sostiene il difensore di Matteoli, lo ha fatto nella capitale, quindi tocca ai giudici romani giudicare l’ex ministro.
Anche Giorgio Orsoni, che deve rispondere di finanziamento illecito al partito, il Pd, che lo ha sostenuto nelle elezioni del 2010 e che a causa di questa inchiesta ha lasciato la poltrona di sindaco, chiederà che a giudicarlo non siano gli stessi magistrati che giudicheranno gli altri. Sostiene, infatti, stando al codice penale, che il reato contestatogli è competenza del giudice monocratico, mentre la corruzione del Tribunale collegiale. Quindi, i suoi avvocati insisteranno perché la sua posizione venga stralciata e, in caso di rinvio a giudizio, il suo destino debba essere separato da quello degli altri.
Stessa tesi, presumibilmente, sosterranno i difensori di «Lia» Sartori, ex eurodeputata di Forza Italia: anche lei accusata «soltanto» di finanziamento illecito ai partiti. Poi, ci sono coloro che, anche se non principalmente, punteranno alla prescrizione, naturalmente con l’opposizione della Procura, che in udienza non schiererà soltanto i due pm titolari dell’inchiesta (la terza, Paola Tonini, è esclusa perché passata alla Distrettuale antimafia), ma anche il procuratore aggiunto Carlo Nordio. Per quanto riguarda i riti alternativi non sono previsti patteggiamenti, mentre il funzionario regionale Giovanni Artico ha già chiesto il rito abbreviato e potrebbe avanzare la stessa richiesta anche l’ex presidente della società Autostrada Venezia-Padova Lino Brentan. Se lo schieramento dei difensori supererà il numero di quindici avvocati, non meno nutrito sarà quello delle parti civili.
Hanno deciso di costituirsi la Presidenza del Consiglio del ministri con i ministeri dell’Ambiente, dell’Economia e dello Sviluppo economico, il Comune di Venezia, la Regione Veneto, la Città metropolitana, il Consorzio Venezia Nuova, il Codacons, Legambiente e altre associazioni ambientaliste, l’avvocato Mario D’Elia (candidato sindaco che sostiene di essere stato danneggiato dai pagamenti illeciti per la campagna elettorale a Orsoni), infine Mauro Scaramuzza, amministratore delegato di una società legata alla Mantovani danneggiato da Brentan. E quasi sicuramente il primo scoglio per il giudice sarà quello creato dai difensori che contesteranno la costituzione delle parti civili.
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