Don o monsignore? Perini: «Sono altre le vere emergenze»

Il direttore dell’Ufficio catechistico: «Tutte le energie devono essere indirizzate verso i poveri. Seguiamo di più il Papa»
Di Nadia De Lazzari

Il patriarca Moraglia ha abolito il termine “monsignore” ai preti che non hanno onorificenza pontificia. Da mesi li chiama “don” e scrive “Rev. Sac.”, reverendo sacerdote. Sulla questione interviene Valter Perini, ordinato sacerdote nel 1982. Dallo scorso 24 luglio, con nomina patriarcale, ricopre l’incarico di direttore dell’Ufficio catechistico e servizio diocesano per il catecumenato e direttore per la pastorale scolastica. Ha la delega per il coordinamento degli uffici catechistico, di pastorale scolastica e per l’insegnamento della religione cattolica. È direttore della scuola Santa Caterina d’Alessandria, docente di psicologia della religione e catechetica al Marcianum e collaboratore pastorale della parrocchia di San Raffaele.

C’è uno nuovo stile di estrema sobrietà in diocesi?

«Da tempo il Patriarca si rivolge a noi con una diversa dicitura, non più “monsignore” ma “don” e “sacerdote”. L’abbiamo notato. Nel 2007 il cardinale Scola mi nominò canonico onorario del Capitolo Cattedrale Metropolitano con decreto e pubblicamente mi chiamava “monsignore”. Se abbiamo perso il titolo o non potevamo portarlo era giusto avvisarci con lettera. Prendo atto e mi attengo».

Senza quel titolo cambia qualcosa?

«Nulla. In questo momento non avrei messo come emergenza prioritaria questa questione pastorale. Non è né importante né opportuna. Tutte le energie devono essere indirizzate verso i poveri, le famiglie in difficoltà. Anche se è l’applicazione di una norma della Santa Sede del 2001, per consuetudine e rispetto del servizio la gente continuerà a chiamare certi sacerdoti “monsignori”, ad esempio i parroci del duomo di Mestre, Caorle, Jesolo. Noi preti chiameremo “monsignore” don Angelo Pagan, vicario generale».

E il titolo “don”?

«Deriva da dominus. È un uso del popolo di Dio chiamare così il proprio prete. Sarebbe singolare fare un decreto per eliminare la parola che non è prevista dal diritto canonico».

Cosa prevede il diritto canonico?

«Essere sacerdoti o presbiteri, non “don”».

Nell’ultimo annuario del 2011 è pubblicato il titolo “mons”. E nel prossimo?

«Risolverà la questione il vicario generale, don AngeloPagan».

E la riforma della Chiesa?

«Se è stata decisa all’insegna della sobrietà allora che sia radicale. Si dovrebbero eliminare anche i titoli “eminenza” e “eccellenza”. E nell’abbigliamento i gemelli dorati. Non vorrei che la riforma della Chiesa si limitasse a togliere un titolo, sarebbe immiserire il grande magistero di questo Papa. Lui è un dono e ci sta facendo sognare, sta cambiando la Chiesa. Ci sta insegnando uno stile di carità vero e sostanziale. Sta dicendo cose che fanno venire il desiderio di compierle».

Come deve essere la Chiesa?

«Andare in mezzo alla gente: meno maestra, più serva».

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