«Domenica No, caro Papa aiutaci tu»
«Vogliamo restare umani». È questo lo slogan che campeggiava ieri mattina a Città del Vaticano, in un grande striscione portato direttamente da Venezia, realizzato da don Enrico Torta, il parroco di Dese impegnato nella lotta contro gli «schiavi delle domeniche», nella difesa dei valori della famiglia minati dalle deregulation del mondo del commercio e dai ritmi dettati dalla grande distribuzione che finiscono per strangolare anche i piccoli negozianti e le botteghe di vicinato. Tiziana d’Andrea, ex commessa e leader trevigiana del movimento “Domenica No Grazie Italia”, assieme a don Torta, all’imprenditore di Resana Roberto Aggio e a due lavoratrici romagnole, Valeria e Bianca, si sono recati dal Papa, per assistere all’udienza del mercoledì e cercare di consegnare al Santo Padre due lettere. La prima del gruppo che si batte per la revisione del decreto Monti che ha introdotto la liberalizzazione, la seconda, quella di don Torta, dove si parla delle conseguenze del lavoro “no stop” per la famiglia, i giovani, il tessuto sociale.
Tiziana d’Andrea e don Torta, sono stati ricevuti in mattinata dal segretario di Stato vaticano, monsignor Pietro Parolin, al quale hanno consegnato le missive, un segno evidente dell’impegno e della sensibilità delle alte sfere del Vaticano verso un tema che tocca da vicino i valori cristiani. Una giornata densa, preceduta da un grande lavoro.
«Mi ha colpito l’attenzione con la quale Parolin ci ha ascoltato», racconta l’ex commessa, «mi ha davvero toccato. Ho parlato delle difficoltà che vivono i lavoratori e le lavoratrici. Ma anche degli imprenditori costretti a lavorare sette giorni su sette, abbiamo portato esempi di storie drammatiche, di persone costrette a mettere da parte vita privata ed affetti per rimanere 24 h in negozio, perché entrambi i genitori sono impiegati in due diverse catene. Ci sono mamme che non hanno potuto partecipare a momenti importanti della vita dei figli e non occorre essere economisti, come abbiamo sottolineato nella lettera, per capire che l’aumento dell’orario e dei costi non ha prodotto né nuovi contratti di lavoro, né aumento delle entrate». E ancora: « Abbiamo segnalato la questione politica, oggi bloccata perché in Parlamento pare che la commissione che avrebbe dovuto rivedere la legge sulla deregulation del commercio in questo momento è bloccata. Ho ricordato la raccolta di sottoscrizioni della Confersercenti e la campagna “Libera la domenica” che è stata portata avanti anche grazie alla solidarietà della Cei». Precisa: «Sono stata forse sfacciata, ma ho spiegato al segretario di Stato che noi siamo lavoratori, non politici e che adesso i cristiani, cattolici praticanti, devono farsi sentire».
Da qui l’appello al Pontefice: «Confidiamo in voi, Papa Francesco, restiamo umani, il commercio è fatto di tante donne e uomini gentili abituati a sorridere». Parolin ha consigliato al gruppo di interpellare il responsabile generale della Conferenza Episcole Italiana, che si occupa di questi temi.
«Il segretario», racconta don Torta, «ci ha riservato mezz’ora di incontro. Ci ha ascoltato, entrambi. Gli ho parlato dell’umanità che soffre, di tante botteghe schiacciate dalla grande distribuzione. Ci ha promesso che avrebbe consegnato personalmente in serata le lettere al Papa». Prosegue: «Ho cercato di sottolineare come la vita sia un bene grande, da difendere. Bisogna lavorare per vivere e nella misura che serve per sostenere la famiglia, ma serve anche il tempo per riposarsi, per stare con i cari. Bisogna recuperare i valori, perché c’è gente che piange, che non ce la fa più, la mentalità del neoliberismo sta schiacciando le famiglie». Conclude: «Aspettiamo una risposta dal Pontefice, il segretario interesserà la Cei, i vescovi hanno sostenuto questa battaglia, vedremo cosa si riuscirà a fare» .
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia