Domenica la 44° Vogalonga, la festa del remo per difendere la laguna
VENEZIA. Più stranieri che veneziani alla Vogalonga. Non è una novità, ma negli ultimi anni la forbice si è allargata ancora. Sono meno di trecento su un totale di 2100 le imbarcazioni lagunari. Il resto, kajak, jole del canottaggio, stranieri e barche alla veneta che però vengono «da fuori». Dall’estero e da altre città italiane.
La Vogalonga è diventata una manifestazione che guarda al mondo, più turistica che locale. Non per questo ha perso il suo fascino. Vedere per un giorno migliaia di barche e di vogatori percorrere la laguna a forza di remi, nel silenzio delle isole e senza motori, fa un certo effetto. Saranno tutti al via domattina per la 44esima edizione. Partenza alle 9 dal bacino San Marco, dopo il tradizionale colpo di cannone sparato da San Giorgio. Le barche più veloci davanti al corteo variopinto, i più lenti dietro. La Vogalonga non è una gara, dunque fa lo stesso.
Si è perso lo spirito originario? «Ma è Venezia che è cambiata, cosa c’è in città che non sia turistico?», si arrabbia Antonio Rosa Salva, nipote dell’inventore della kermesse, Toni Rosa Salva e attuale presidente del comitato organizzatore, «noi cerchiamo di tenere vivo lo spirito originario della Vogalonga.
Ma è chiaro che gli iscritti sono in maggior parte foresti». Le iscrizioni on line aumentano le adesioni, vicine quest’anno al record assoluto. Oltre 8 mila gli iscritti fino ad oggi, su 2100 imbarcazioni, a cui si aggiungeranno quelli dell’ultima ora, in gran parte veneziani. Folklore e richiamo turistico. Ma anche messaggio ambientale sempre forte. Anzi, più attuale che mai.
A inventare la Vogalonga, sul formato della Vasaloppet e della Marcialonga di sci da fondo, erano stati nel 1975 Toni e Pino Rosa Salva, Delfo Utimpergher, Carlo Gottardi, Lauro Bergamo. L’avevano definita «una garbata protesta» contro l’invasione dei motori e il moto ondoso che allora minacciavano la laguna.
Cose da nulla se si guarda alla realtà di oggi, quando in laguna circolano decine di miglia di barche a motore, il moto ondoso è diventato un’emergenza, le barene si distruggono sotto i colpi delle onde.
43 anni fa la Vogalonga ebbe il merito di sollevare il problema. E di far nascere un nuovo amore per la voga e le barche a remi. Società remiere, appassionati che si facevano costruire la barca, nuovo impulso per remeri e squerarioli, cantieri e vecchi capannoni restaurati a e adibiti al ricovero delle «ammiraglie». Ma allora Venezia aveva più del doppio degli abitanti di oggi, il turismo era ancora un fenomeno sostenibile. Remi e forcole, confessano gli artigiani, si vendono oggi più agli stranieri che ai veneziani.
«Ma noi cerchiamo di rilanciare la voga», dice Rosa Salva. Una parte della quota di iscrizione (22 euro, quest’anno aumentata di 2 euro) andrà al rilancio delle remiere. «Vogliamo fare qualcosa per i giovani», dice Rosa Salva. Un aiuto lo danno gli sponsor e i volontari, che lavorano gratis. La San Benedetto che ha messo a disposizione 10 mila bottigliette d’ acqua, il lavoro delle remiere e degli appassionati.
Ultimi ritocchi a un’organizzazione che ormai viaggia da sola. Pontili all’arrivo, a Punta della Dogana, dove i partecipanti possono ritirare i premi, uguali per tutti: diploma, maglietta e medaglia. Servizio d’ordine lungo i 30 chilometri del percorso, vigili del fuoco, forze dell’ordine, Protezione civile e volontari, oltre ai radioamatori, per dare assistenza. E un’attenzione particolare per i punti critici. Come l’ingresso in canale di Cannaregio, che sarà regolato da boe e barche per evitare gli ingorghi pericolosi degli ultimi anni
Tra le altre novità le comunicazioni on line agli iscritti, soprattutto stranieri, per avvisarli della condizione del percorso. E i pettorali individuali oltre che quelli per barca. Già da qualche giorno si vede in città un fermento positivo. Le barche scaricate al Tronchetto e ricoverate negli spazi messi a disposizione da Vela, sulle rive e le fondamente, nei cantieri delle remiere veneziane. Tutti pronti per la grande sfida dove vincono tutti. È diventata un fenomeno turistico, sicuramente. Ma contiene sempre un pezzo dell’anima di Venezia e della sua laguna.
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