Domani l’addio ad Alfredo Furlan «Grazie a lui il cinema di qualità»
È morto Alfredo Furlan, il papà dei cinema di Mestre. L’imprenditore se n’è andato, sabato 29 agosto, all’età di 97 anni. I funerali si terranno domani, mercoledì 2 settembre, alle 10.30 nel Duomo di San Lorenzo. Abbiamo chiesto al figlio Gianantonio Furlan che da tempo ha sostituito il padre nella gestione di una delle più prestigiose aziende italiane del cinema un ricordo del suo grande genitore. «Mio papà» ha raccontato Furlan junior, «è stato fortunato, perché se n’andato ad un’età importante, senza aver affrontato grandi sofferenze».
La storia delle famiglia Furlan corrisponde alla storia del cinema a Mestre.
«Tutto è iniziato con Vittorio Furlan, zio di mio nonno Giovanni, che nel 1905 aprì la prima sala cinematografica di Mestre (consideriamo che il primo cinema della storia, quello dei Fratelli Lumiere è stato fondato solo 10 anni prima, nel 1895, ndr), a due passi da dove oggi c’è la cartoleria Baessato, in piazza Ferretto. Poi, lo zio aprì il cinema Excelsior e girò subito il testimone a nonno Giovanni. Poi mio padre tornò a casa dopo essere stato prigioniero per sei mesi in Polonia, da ufficiale dell’esercito italiano e cominciò lavorare attivamente per subentrare a mio nonno nel 1949 quando fu aperto il cinema-teatro Corso. Tutta l’attività di mio padre è stata poi condivisa con mio zio Giuseppe».
Suo padre si occupato anche di teatro.
«Negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, il teatro era importante in città. Il Corso offriva spettacoli di prosa importanti che si alternavano al cinema. Il Toniolo, che mio padre ha gestito per un periodo, era specializzato nel varietà oltre che nel cinema. Mio papà ha portato a Mestre negli anni Cinquanta personaggi, come Totò e Macario. La mia famiglia gestiva anche il cinema Excelsior e il Marconi che poi è diventato il Palazzo. Poi, nel 1963 è stato aperto il cinema San Marco che è stato l’ultimo grande progetto in un’epoca in cui la città stava crescendo».
Poi lei ha raccolto il “testimone” di suo padre?
«È rimasto sempre attivo anche dopo che sono subentrato nella gestione, verso la fine degli anni Ottanta. Seguiva le stagioni teatrali, era sempre attento e mi redarguiva quando qualcosa andava male. Sino a qualche settimana fa, si faceva passare tutti gli incassi per controllare come andavano i film».
E la passione per l’innovazione tecnologica?
«Negli anni 50, il Corso fu uno dei primi cinema italiani ad adottare il cinemascope. Poi, il San Marco è stato dotato di uno schermo enorme e di uno dei pochissimi proiettori a 70 millimetri in Italia».
Qual è stato il pregio più importante di suo padre come imprenditore?
«Ha saputo diversificare le attività, impegnandosi anche nel settore immobiliare. È stato lungimirante, prevedendo che le fortune del cinema potevano cambiare. Poi, ha sempre creduto nelle potenzialità di Mestre. Ha vissuto questi ultimi anni di crisi con grande dispiacere. Si lamentava del fatto che una città come la nostra si trovasse schiacciata dai centri commerciali con una politica che non ha aiutava, anzi metteva un sacco di paletti»
A lei che cosa ha insegnato suo padre?
«Che bisogna avere un grande rispetto per il pubblico e puntare sulla qualità».
La città si è meritata un imprenditore di tale spessore?
«Non spetta a me dirlo. Ha lavorato per dare a questa città punti di riferimento importanti per tutti noi mestrini».
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