Dogana, coro di “sì” al lampione

La maggioranza approva lo sfratto al «Ragazzo con la Rana»

Addio Ragazzo con la Rana. Il giorno dopo l’annuncio del Comune («Sarà rimossa il 18 marzo, e il lampione tornerà al suo posto»), il dibattito si allarga. Nel sondaggio («Ti piaceva?») lanciato sul sito della Nuova la maggioranza dei lettori ha risposto «no». Ma quasi un 40 per cento dice invece di sì, che la statua non era poi così male. Tra questi Marino Folin, ex rettore Iuav e componente del Comitato scientifico della Fondazione Pinault.

La maggioranza però tira un sospiro di sollievo. «Era un insulto», dice Manuel Vecchina, «promotore di un flash mob e di una raccolta firme oltreché di una protesta sui Social Network. Mario d’Elia, avvocato lidense e rappresentate dei Consumatori, chiede «dove sia finito il lampione rimosso». «Sento dire che vogliono rifare il lampione originario dell’Ottocento. Ma quello che vedevamo fino al 2009 dov’è finito?».

Punta della Dogana tornerà «com’era e dov’era», ha annunciato il direttore generale del Comune Marco Agostini. nel senso che la porta d’ingresso della città dall’acqua riprenderà l’aspetto che aveva un secolo fa, immortalata nelle tele di famosi pittori e vedutisti. Il lampione sarà costruito da una ditta di Mantova, sulla base del calco originale. E dopo quattro anni la Punta della Dogana tornerà al suo aspetto storico. Senza più quella statua del ragazzo nudo che tiene una rana per la coda. Opera di Charles Ray che doveva attirare l’attenzione sul restaurato monumento del Benoni, spiegano alla Fondazione Pinault. Nel «patto» tra Comune e il magnate francese ci stava che la statua fosse autorizzata a restar lì fino alla fine della mostra. In realtà ci è rimasta per quattro anni, tra le proteste dei veneziani. Adesso sarà rimossa e il lampione tornerà al suo posto. Nel maggio scorso il Comune aveva dato il suo benestare alla proroga per l’occupazione di spazi pubblici. Prorogata anche la costosa guardianìa con la scatola di vetro che proteggeva il «Ragazzo» nelle ore notturne. Sfratto esecutivo il 18 marzo. (a.v.)

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