«Distruggere subito le calzature fatte con il lavoro nero»
STRA. «È ora di finirla. Dietro ai laboratori cinesi sequestrati dai carabinieri per uso di manodopera in nero ci sono i calzaturifici della Riviera del Brenta che commissionano a basso costo merce che di made in Italy non ha nulla. Questa merce una volta sequestrata andrebbe distrutta. Solo in questo modo si bloccherebbe la spirale che innesca lo sfruttamento del lavoro nero». A fare questa proposta sulla stessa linea di azione è la Filtcem Cgil con il suo referente Michele Pettenò e il sindaco di Vigonovo, il leghista Damiano Zecchinato.
Sia Pettenò che Zecchinato plaudono ai carabinieri agli ispettori del lavoro che hanno sequestrato 10 laboratori gestiti da cinesi in cui sono stati trovati al lavoro 22 persone senza contratto. Sono state appioppate multe per 60 mila euro. Ma basterà pagarle per vedere ripartire queste attività che rappresentano vera e propria concorrenza sleale nei confronti di tomaifici italiani e laboratori tessili che rispettando le regole chiudono i battenti. Chiedono sempre più controlli anche i rappresentanti di Cna Federmoda. «È trascorso quasi un anno – spiega il presidente Piergiorgio Silvestrin - dalla manifestazione di imprenditori e loro dipendenti della Riviera del Brenta promossa dalla Cna e dall’Associazione dei tomaifici veneti, e le forze dell’ordine hanno di nuovo scoperto pesanti irregolarità. Siamo contenti di questo nuovo blitz, ma anche preoccupati». I blitz per Federmoda non bastano. «Accanto all'azione di contrasto - precisa Renato Fabbro segretario provinciale della Cna di Venezia - servono anche altre tre cose: un costante impegno di tutte le forze sociali del settore; un accordo di filiera tra committenti e terzisti su qualità e legalità; un progetto di rilancio dei terzisti capace di restituire loro il valore necessario a coprire i costi della qualità e della legalità» . Anche Federmoda insiste sulla distruzione del materiale sequestrato: «Per chi viene trovato fuori regola - dice Silvestrin - serve l’interdizione o sospensione dell’attività per una durata cospicua, la confisca dei prodotti, materie prime, attrezzature, capannoni e la distruzione del materiale prodotto illegalmente ed un controllo incrociato sui consumi di energia». (a.ab.)
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