Discariche e fusti di rifiuti tossici
Il caso dei siti delle “Terre rosse” e di via Teramo a Mira Le bonifiche arrancano tra mille complicazioni burocratiche

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MIRA
In questi “ghebi”, canali salmastri tra fiumi e laguna, per secoli generazioni di bambini hanno imparato a pescare. Ora restano solo ceneri di pirite ovvero “terre rosse”. Non c’è più vita. Nulla. E non ce ne sarà per quanto? Nessuno lo sa. Per concludere l’asporto di 800 mila tonnellate di materiale che si trova nell’area fra via Bastie e Bastiette a Dogaletto di Mira, partito un anno e mezzo fa ci vorranno circa 10 anni. Ne sono state portate via 50 mila in poco più di un anno. E le falde? «Si intinsificheranno i controlli».
In via Teramo, a Borbiago, la terra celebre per gli orti non dà più nulla. Vent’anni fa, nel 1998, sotto quella terra sono stati trovati 7. 000 fusti con materiali tossico-nocivi provenienti da Porto Marghera. Sepolti di nascosto. Possibile? A quanto pare sì, perché una famiglia su quel terreno di morte ci si è costruita una casa e ora per far partire la messa in sicurezza il Comune dovrà trovare un accordo con il proprietario per indennizzare la casa.
Intanto i fusti bucati continuano a far colare nel terreno e nelle falde i loro veleni.
A swguire il lavoro dell’assessore all’ambiente del Comune di Mira, Maurizio Barberini, viene la pelle d’oca.
Il deposito delle “Terre Rosse” di via Bastiette a Mira nasce alla metà degli anni Sessanta, per raccogliere le ceneri di pirite provenienti dagli impianti di produzione di acido solforico di Porto Marghera, a cui nel tempo si aggiunsero depositi provenienti. Nessuno sa bene quali o cosa contenessero.
L’area dove sono depositate le ceneri è di circa otto ettari e contiene circa 800 mila tonnellate del materiale inquinante. Negli anni il deposito è stato gestito in modo incontrollato, provando anche l’inquinamento ambientale dell’area circostante, oggetto di cause penali. Nonostante ordinanze di sgombero dei rifiuti del Comune, la società che gestisce il deposito, la Veneta Raw Material, si è sempre opposta, asserendo che i materiali potevano essere utilizzati per la produzione di cementi, spostarli come rifiuto avrebbe comportato costi altissimi.
Così le ceneri prima di essere spostate vengono analizzate, per evitare ogni possibile liberazione di sostanze inquinanti e solo se nei limiti previsti saranno indirizzate per la trasformazione in cemento. Altrimenti saranno rifiuti.
«Abbiamo chiesto nuovi piezometri per verificare se lo spostamento di materiale o la permanenza comporta inquinamento delle falde acquifere che poi finiscono in laguna», dice Barborini, «di più non possiamo fare».
Per i 7. 000 fusti di morte di via Teramo a fine 1999 arrivò una commissione parlamentare d’inchiesta. La Regione ha approvato due anni fa il progetto definitivo di messa in sicurezza e bonifica permanente. Per questa discarica è stato nominato un commissario ad hoc, il generale dei carabinieri Giuseppe Vadalà. Si è provato a togliere qualche fusto, ma sono vecchi e si rompono. Quindi i fusti saranno lasciati lì. I tecnici proveranno a iniettare cemento nel sottosuolo per isolare il veleno dalla terra e tall’acqua. Si spera funzioni.
C’è infine la questione C&C, un’azienda di via Foscara a Malcontenta, fronte laguna, sequestrata per produzioni illegali con presenze massicce di diossine. Due enormi cumuli sono ancora all’interno dei capannoni a ridosso del centro abitato “Lo smaltimento», conclude Barberini, «sarà a carico sia del Comune che della proprietà dei terreni, nonostante i problemi li abbiano causati i titolari dell’azienda incriminata che gestiva gli stabilimenti”. –
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