Difficile convivenza, a Marghera è scontro sull’orto della Cita

Luogo di incontro tra famiglie italiane e straniere del quartiere, ma una parte dei residenti lo contesta: «Troppo disordine»
Agenzia Candussi, giornalista Furlan. Orto comune della Cita, Marghera.
Agenzia Candussi, giornalista Furlan. Orto comune della Cita, Marghera.

MARGHERA. È un orto, ma si coltivano soprattutto relazioni. Un fazzoletto di terra chiuso tra i palazzi del quartiere Cita, uno dei più difficili di Marghera, uno spazio di venti metri per sessanta, in un’aiuola lunga almeno tre volte tanto. Il Comune, che due anni fa - con la precedente amministrazione - aveva sostenuto la nascita dell’orto sociale, ora vorrebbe chiuderlo e trasformarlo in un giardino fiorito perché, come spiega l’assessore ai Servizi sociali, Simone Venturini, «bisogna contemplare anche le esigenze di coloro che non vogliono vedere confusione sotto le finestre di casa».

Alcuni membri della comunità cinese, insieme al mediatore culturale che li aiuta con l'italiano
Alcuni membri della comunità cinese, insieme al mediatore culturale che li aiuta con l'italiano

Ma due anni fa sotto le finestre di casa c’era un pezzo di verde di cui non si prendeva cura nessuno: nel pulirlo, il gruppo di volontari che promosse il progetto, raccolse flaconi di metadone, abbandonati dai tossicodipendenti, e cominciò a infilzare la terra con le zappe. Oggi nell’orto si ritrovano oltre trenta famiglie: italiani, cinesi, bengalesi, sudamericani, tutti residenti nel quartiere. E a dare una mano arrivano anche alcuni profughi e senzatetto, con la mediazione di don Nandino Capovilla, il parroco del quartiere. I maggiori sospetti, tra i residenti che si augurano la chiusura dell’orto, li destano i cinesi del gruppo: «Ma questi cinesi che cosa coltivano tutto il giorno?», si chiedono imbronciati.

«L'orto alla Cita? Meglio fare un giardino fiorito»
Agenzia Candussi, giornalista Furlan. Orto comune della Cita, Marghera. Nella foto Claudio Osto.

Per saperlo basterebbe fare una rampa della scala e scendere a chiederlo alla vecchia Li, come tutti chiamano Li Yu Xian, 68 anni, la più anziana della comunità cinese impegnata nel progetto. «Quando c’è da chiedere un consiglio», racconta Chiara Bertoncello, che due anni fa fu tra i promotori del progetto, assieme a Davide Stevanato, «c’è lei perché è quella che ne sa di più». Li arriva dalla regione del Fujian, abitava in un villaggio di campagna e conosce bene le piante. Coltiva melanzane, quelle cinesi sono lunghe e sottili, e poi rape bianche e xiao bai cai, una specie di cavolo, molto buono saltato in padella.

Ruggero Santin, Andrea Morello e Cludio Osto davanti all'orto (foto Candussi)
Ruggero Santin, Andrea Morello e Cludio Osto davanti all'orto (foto Candussi)

Gli adulti, per lavorare insieme, si ritrovano il sabato mattina mentre il giovedì è il giorno dei bambini: ceppi di legno al posto delle sedie, disposti in cerchio. «È un modo per scoprire come nascono i prodotti che arrivano nei loro piatti, hanno scoperto ad esempio che le patate crescono sotto la terra, non sui rami degli alberi, e non è scontato in un contesto urbano come questo», aggiunge Chiara.

«Solo in questo spazio provo un senso di appartenenza alla comunità», aggiunge Andrea Moreno, colombiana di 31 anni, che da 4 vive alla Cita, «è uno spazio di socializzazione». C’è però un pezzo del quartiere che quest’orto non lo vuole, perché porta le zanzare, perché c’è confusione, perché quest’area dovrebbe essere di tutti, perché a loro il Comune, due anni fa, ha portato pure l’acqua per coltivare l’orto, e per noi?

«Qui non c’è noi e loro, questo è l’orto di tutto il quartiere e tutti possono partecipare», spiega Claudio Osto. E il disordine? «È un orto, c’è un po’ di disordine, forse i paletti non sono belli ma facciamo tutto a nostre spese e quest’estate abbiamo piantato i fiori per abbellire il quartiere, stiamo sistemando il terreno».

Agenzia Candussi, giornalista Furlan. Orto comune della Cita, Marghera.
Agenzia Candussi, giornalista Furlan. Orto comune della Cita, Marghera.

Jian Mei, 38 anni, prende il telefono e mostra le foto scattate quest’estate delle ortensie bianche e dei girasoli. Fiori che non sono bastati a stemperare il clima. «Qui si sta bene, mangiamo insieme», spiega Ruggero Santin, «non so perché ce l’abbiano con noi, forse è invidia, forse gelosia». C’è il corso di fotografia, tra un po’ arriverà anche il book-crossing, per lo scambio dei libri. Ma c’è paura perché l’orto rischia di sparire, trasformarsi in un giardino fiorito. Ma così - dicono i promotori - si rischia di svilire il progetto. «Cerchiamo di essere pragmatici», spiega Gianfranco Bettin, presidente della Municipalità, «i disagi segnalati non vanno sottovalutati, si può intervenire per migliorare l’area, ma non si può cancellare una bella esperienza di socializzazione. Il giardino fiorito e l’orto possono convivere».

 

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