Dieci Comuni fanno lavorare i profughi
Tutti i richiedenti asilo nel Veneziano impegnati volontariamente. Minniti vuole che siano impiegati in lavori socialmente utili. Il modello San Donà
VENEZIA. Sono dieci i comuni del Veneziano che da quando sono arrivati i profughi nella nostro provincia, hanno firmato un protocollo con la Prefettura per impegnare queste persone in lavori socialmente utili. Si tratta di impegno su base volontaria e che sta dando dei buoni frutti sia rispetto all’impatto con le comunità che li ospitano, sia nel rendere meno oziosa la permanenza dei richiedenti asilo. I comuni che hanno un programma di inserimento con la disponibilità dei migranti sono: Annone Veneto, Salzano, Mira, Mirano, Fiesso, Dolo, San Donà di Piave, Cona, Cavallino e Stra.
Tutti gli immigrati lavorano volontariamente. Nessun obbligo come invece chiedono i sindaci del Veneto da due anni, cioè da quando sono iniziati gli arrivi anche da noi. Il Ministro Marco Minniti nel suo piano che sarà presentato oggi alla Commissione Affari Costituzionali, spinge perché tutti i migranti distribuiti sul territorio siano impegnati in lavori socialmente utili. Per il momento non c’è ancora una norma che renda obbligatorio l’impegno dei migranti in questi lavori.
Un modello preso ad esempio è quello del comune di San Donà. Una gestione della presenza di migranti che non si occupano più solo di manutenzione del verde e dell’igiene pubblica, ma anche di riparazioni e manutenzioni. Altri 5 ragazzi, dal 6 ottobre, sono stati inseriti nel programma di volontariato svolto dai migranti insieme al Comune. E hanno rimesso a nuovo alcune panchine e altri elementi di arredo urbano.
«Dopo gli episodi positivi di volontariato nello sfalcio erba e nella pulizia urbana da parte dei ragazzi africani ospitati a San Donà nell’ambito del progetto Mare Nostrum», spiega l’assessore all’ecologia Luca Marusso, «la collaborazione tra l’amministrazione e i migranti si stabilizza anche con altre forme di impiego. Ringrazio il personale del Comune, per un impegno nell’integrazione di questi ragazzi, che va ben oltre i normali compiti di ufficio».
I cinque ragazzi sono di età compresa tra 19 e 28 anni e provengono da stati sottoposti a dittature e segnati da tensioni che non di rado degenerano in guerre civili, quali il Gambia e la Guinea Bissau. Hanno partecipato, insieme ad altri 15 migranti, al corso per la sicurezza dei lavoratori, lo scorso luglio, dedicato ai rischi specifici del lavoro manuale e che abilitava all’uso di piccoli macchinari. Per questo possono essere impiegati nella manutenzione di elementi di arredo urbano.
«La proposta, rivolta soprattutto alle associazioni di volontariato, è di affiancare i migranti in attività in cui non siano concorrenziali con lavoratori locali» chiarisce il sindaco Andrea Cereser, «dall’integrazione della pulizia delle strade al diserbo manuale, dalla cancellazione delle scritte sui muri alla cura del verde pubblico alle piccole manutenzioni dell’arredo urbano». Il lungo percorso che ha fatto San Donà di Piave, un modello positivo nella gestione dell’emergenza immigrazione in sinergia con la Cooperativa Villaggio globale, è passato attraverso l’impiego dei migranti prima alla mensa solidale e alla Croce Rossa.
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