Diciotto anni ai quattro rapinatori della gioielleria Simionato di Stra
STRA. L’ultimo rapinatore lo avevano identificato a causa delle sue caratteristiche facciali: assomigliava al cantante e presentatore Pippo Franco, in particolare era il suo naso a colpire. E, ieri., il giudice veneziano Massimo Vicinanza ha accolto le richieste del pm ed ha condannato i quattro responsabili della rapina alla gioielleria di Gastone Simionato di Stra a complessivi diciotto anni e mezzo in quattro.
Queste le pene: cinque anni e quattro mesi di reclusione e duemila euro di multa a Nunzio Carraturo (68 anni), cinque anni, un mese e dieci giorni e 1600 euro ciascuno a Rino Cacace (42) e Cristiano Rossini (44), tre anni e 800 euro a Samantha Sarcina (41), tutti di origine napoletana ma resistenti nel milanese. Il risarcimento verrà stabilito dal Tribunale civile, nel frattempo per Simionato, che si era costituito parte civile con l’avvocato Renzo Fogliata, il magistrato ha deciso che gli imputati versino una provvisionale di 50 mila euro.La rapina era stata messa a segno il 3 gennaio scorso e il bottino, tra contanti e orologi (ne avevano portati via una cinquantina), era stato di circa 150 mila euro. La banda avrebbe dovuto colpire ancora dopo la rapina a Stra, in un'altra gioielleria, a Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo, ma tre dei quattro rapinatori venerdì 4 marzo erano stati arrestati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Venezia che da due mesi seguivano le loro mosse e ascoltavano le loro telefonate. In carcere erano finiti Carraturo, ritenuto il capo del gruppo, Cacace e la fidanzata Sarcina. Il quarto, quello somigliante a Pippo Franco, era stato arrestato quattro giorni dopo. I quattro campani residenti in Lombardia sono stati accusati e condannati per la rapina di Stra, anche se è possibile che siano stati sempre loro a firmare colpi simili nel Nord Italia, mentre è certo - come era emerso dalle intercettazioni - che ne stessero pianificando almeno altri tre. Una banda di professionisti - secondo i vertici dell'Arma veneziana - che entrava in azione solo dopo essersi conquistata la fiducia dei gioiellieri con piccoli acquisti o promesse di acquisto. Visite nelle quali, per ispirare una maggiore simpatia, si facevano accompagnare da bambini, familiari dei tre. La rapina a mano armata alla gioielleria di Stra era stata preceduta da tre visite, la prima il 20 novembre. Per ottenere maggior informazioni sul luogo, la banda aveva anche contatto i proprietari di alcuni locali confinanti con la gioielleria con la scusa di voler aprire una pizzeria per asporto. Poi il colpo del 3 gennaio, con le pistole spianate, e la corda per legare Gianni Simionato. Riempite le sacche da tennis di orologi, avevano raggiunto a piedi l'auto lasciata ad alcune centinaia di metri, scappando in direzione di Bergamo. Pensavano di averla fatta franca, ma non avevano fatto i conti con il senso civico di tre cittadini di Stra. Due, insospettiti da quegli uomini usciti dalla gioielleria con passo spedito e con le sacche sportive, li avevano seguiti fino all'auto, fotografandone la fiancata e una parte della targa: la Xsara Picasso era intestata alla figlia di Carraturo.
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