Diamanti, una megatruffa a San Donà
SAN DONÀ. Acquistano diamanti ma perdono i soldi investiti. Una ventina di famiglie sandonatesi ha investito dai 5 mila ai 50 mila euro credendo di poter incamerare lauti guadagni. Così anche a San Donà è scoppiato il caso diamanti, per cui l’antitrust ha già deciso pesanti sanzioni nei confronti delle società “Intermarket Diamond Business” e “Diamond Private Investiment”, e degli istituti Banca Monte dei Paschi di Siena, Banca Intesa San Paolo e Banca BPM.
L’inchiesta è scattata in seguito alle numerose segnalazioni all’Autorità Garante da parte dei consumatori, i quali hanno sostenuto di essere stati ingannati nelle operazioni acquisto di diamanti.
«Ci sono anche molti sandonatesi tra questi consumatori», precisa l’avvocato Luca Pavanetto con l’avvocato Federico Trevisiol, «che, alla ricerca di un bene rifugio sul quale investire i risparmi di una vita, sono stati portati ad acquistare diamanti, ricevendo, però, informazioni falsate, in particolare sul prezzo di vendita dei diamanti, l’andamento del mercato», aggiunge, «rappresentato come in costante crescita, nonché la facile liquidità e rivendibilità del diamante alle quotazioni indicate. È emerso che i prezzi dei diamanti erano frutto di una quotazione determinata dalle società stesse, decisamente superiore rispetto agli standard del mercato internazionale. Le banche coinvolte hanno, quindi, utilizzato il materiale informativo fornito e predisposto da IDB DPI e hanno proposto l’acquisto dei diamanti come un investimento sicuro su un bene rifugio».
C’è chi ha perso anche metà dell’investimento. «Contro questi contratti iniqui», conclude, «bisogna reagire con forza richiamando anche la pacifica responsabilità degli istituti di credito che in qualità di intermediari finanziari potevano e dovevano agire con maggior trasparenza e chiarezza, informando i propri clienti sui reali rischi di un simile investimento. Di certo, gli istituti coinvolti non potranno ora nascondersi dietro la foglia di fico della vendita di prodotti finanziari di cui non conoscevano il reale valore economico».
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