«Denunciate tutto alla magistratura»

Il consiglio di Beppino Englaro: «Andrea è stato abbandonato dalle istituzioni». Don Fassina: mancanza di sensibilità
Di Marta Artico
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QUARTO D’ALTINO. «Per ottenere quello che le spetta la famiglia Zambon deve rivolgersi alla magistratura, come ho fatto io». Beppino Englaro, il papà di Eluana, interviene sul caso della famiglia altinate che l’altro ieri ha lanciato un grido di dolore, per il ritardo e la mancanza di fondi a disposizione per curare Andrea, 45 anni, affetto da Sla e allettato da molto tempo. La moglie in una toccante lettera ha lanciato una forte provocazione alle istituzioni regionali. «Chi desidera queste cure per continuare a vivere» spiega Englaro «deve poterle ottenere, non è umano che le istituzioni abbandonino chi vuole dare una vita migliore a una persona che decide di andare avanti. Io sono per il primato della coscienza individuale e personale, ma questa famiglia chiede quanto gli è dovuto e a questo punto dovrebbero fare come me: rivolgersi alla magistratura. Io l’ho fatto per il rispetto di Eluana, per loro vale altrettanto». Prosegue: «Se gli altri non hanno questa sensibilità, se le istituzioni preposte non riescono a dare una risposta diversa, non resta altra strada. Eluana avrebbe detto un semplice “No grazie” all’offerta terapeutica. Quest’uomo, invece, deve avere tutto quello che gli spetta per diritto. Questo si chiama abbandono terapeutico e non deve esistere. Mia figlia voleva solo autodeterminarsi, qui la gente vuole vivere e tutte e due le posizioni sono rispettabilissime. Eppure garantire l’assistenza a casa alla famiglia sarebbe la via meno costosa per la società».

La famiglia Zambon ieri ha ricevuto la visita anche del sindaco di Quarto Silvia Conte e del direttore generale dell’Asl 12 Giuseppe Dal Ben, i quali hanno portato la loro solidarietà e auspicato che si possa trovae una soluzione in sede regionale.

«La famiglia Zambon di cui ci siamo occupati in più di un’occasione» spiega il direttore del settimanale diocesano Gente Veneta, don Sandro Vigani «non deve essere costretta a mendicare, deve poter ottenere gli aiuti che le spettano senza disperarsi. Loro hanno sempre dimostrato di voler vivere e sono sicuro sia ancora così, ma non è giusto che le persone vengano spinte a questi atti estremi per farsi ascoltare». «Sicuramente quella della moglie di Andrea è una provocazione» spiega don Gianni Fassina, da poco nuovo parroco di Jesolo che conosce Mariagrazia e il marito da anni «Andrea vuole vivere, ma anche l’ultima volta che ci siamo visti mi hanno raccontato la loro sofferenza e il peso per la situazione che si trovano ad affrontare, i fondi che non arrivano, il continuo calvario per ottenere i contributi, tutto ciò è obbrobrioso, sono rammaricato per questa mancanza di sensibilità verso i malati di Sla e soprattutto verso chi manifesta la voglia di vivere. Soffro con loro e la cosa peggiore è dover guardare e non poter fare di più». Conclude: «Il loro è un diritto sacrosanto, quello alla vita. Di quei fondi hanno bisogno ora, non tra mesi, perciò hanno la mia piena solidarietà». Giovedì l’assessore regionale, Remo Sernagiotto aveva spiegato di aver già firmato la delibera che assegna i fondi alle varie associazioni che si occupano dei malati di Sla, ribadendo anche che le lungaggini dipendono dal governo e che la Regione sta facendo il possibile per ognuno di loro.

Non la pensa così AntonioDe Poli (Udc). «Chiediamo al governatore Luca Zaia di rendere conto non a noi, ma ad Andrea e a tutti gli altri malati di Sla: che fine hanno fatto i contributi regionali? L'appello della moglie di Andrea Zambon coglie il cuore della questione: il sociale, in Veneto, è in coma. Senza sostegni economici le famiglie che hanno un malato terminale o cronico devono pagare di tasca propria le spese necessarie per l'assistenza. E quando i soldi non ci sono? Così si mina il diritto alla salute. La vita va tutelata sempre ma le istituzioni devono lavorare in questa direzione».

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