Delitto Pamio, la confessione della Lazzarini «Ho strappato la collana e l’ho buttata»

Susanna Lazzarini confessando l’omicidio di Lida Taffi Pamio ha detto di aver gettato in un cassonetto la catenina
GIORNALISTA: Mion.AGENZIA FOTO: Candussi.LUOGO: Mestre.DESCRIZIONE: omicidio in corso del popolo
GIORNALISTA: Mion.AGENZIA FOTO: Candussi.LUOGO: Mestre.DESCRIZIONE: omicidio in corso del popolo

VENEZIA. «Ho strappato la collana e poi l’ho gettata in un cassonetto».

Nel lungo interrogatorio fiume durante il quale - nella notte tra il 24 e il 25 febbraio - Susanna Lazzarini ha ammeso di essere stata lei ad assassinare Lida Taffi Pamio, massacrata nel suo appartamento di viale Vespucci nel dicembre del 2012, “Milly” (come la chiamano tutti) parla di un punto fondamentale: dice che è stata lei a strappare dal collo dell’anziana - per poi gettare via - quella collana d’oro che è stata la “prova regina” dell’accusa per ottenere la condanna di Monica Busetto a oltre 24 anni di carcere per omicidio volontario.

Sotto il corpo dell’anziana, nel sangue era rimasta una medaglietta, ma mancava la collana. Mesi dopo il delitto, la Mobile trovò una catena d’oro spezzata tre le gioie della Busetto, che ha sempre detto essere un ricordo del battesimo della sorella. Per due volte, i tamponi effettuati dalla consulente della Procura, Luciana Caenazzo, hanno dato esito negativo: nessun Dna. Poi la catenina fu mandata al Laboratorio centrale della Polizia scientifica e qui gli esperti, dopo un test per immersione, trovarono una microscopica presenza di Dna che, amplificato più volte, ha dato quel risultato univoco, che ha convinto la Corte d’Assise a condannare la donna: il Dna era di Lida Taffi Pamio. «Un caso chiaro di contaminazione», hanno sempre replicato gli avvocati della difesa Doglioni e Busetto.

Ora la confessione di Susanna Lazzarini - indagata dalla Procura per omicidio volontario “in concorso” - che sul punto scagiona Monica Busetto: «La collana l’ho strappata e gettata». Eppure è il suo stesso difensore, l’avvocato Maria Rosa Cozza, a dare dell’episodio la stessa lettura che in queste ore dà anche il procuratore aggiunto Carlo Nordio: «A mio modesto parere la confessione non esclude la prova regina che ha portato alla condanna della Busetto. La prova non viene meno, ma solo affievolita. Bisogna capire come la collana è arrivata a casa Busetto». Ma è la stessa collana?

Tant’è in tutto il lungo interrogatorio davanti alla pm d’Alessandro - la stessa che aveva chiesto l’ergastolo per Monica Busetto e che ora sta seguendo alacremente le nuove indagini che possono scagionarla, insieme alla collega Alessia Tavarnesi (titolare dell’inchiesta sull’omicidio di Francesca Vianello, che ha portato Susanna Lazzarini in carcere) - la donna nega risolutamente di aver conosciuto Monica Busetto prima di finire in carcere con lei. Gli investigatori le hanno anche messe insieme in una cella piena di microspie, per una settimana. Ma tra le due donne non è accaduto nulla.

Nel ricostruire l’omicidio, “Milly” ha detto alla pm che quel 20 dicembre 2012 doveva fare acquisti in un negozio di via Bissuola e, dovendone aspettare l’apertura, aveva suonato al campanello di Lida, vecchia amica della madre, conosciuta proprio in quel condominio nel quale la famiglia Lazzarini aveva abitato fino al 1994. «Ha ammesso il suo coinvolgimento nel delitto, dando indicazioni sulle modalità d’azione e dettagli», spiega ancora l’avvocato Cozza, «ma sul movente, le circostanze che l’hanno portata all’omicidio, eventuali correi è un buco nero». Sul punto il procuratore Nordio dà, invece, un’altra versione: «Movente di natura economica, come nell’omicidio Vianello». In ogni caso, la confessione di Susanna Lazzarini è completa e assume su di sé ogni responsabilità. Con un particolare: prima di ammettere l’omicidio davanti al pm, la donna l’aveva fatto davanti al figlio. Quella stessa mattina, l’uomo era andato a trovarla in carcere. Dopo la riapertura delle indagini e la scoperta che il “dna” ignoto trovato tre anni fa su un interruttore accanto alla porta di casa Pamio, era sudore di Susanna Lazzarini, gli investigatori hanno interrogato più volte i parenti della donna. «Mamma, continuano a chiederci dell’omicidio di Lida, se la conosci, se sei stata tu: mamma ne sai qualcosa?». Laconica, ma netta la risposta della donna: «Sì». E il figlio era corso a riferirlo agli investigatori.

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