Delitto Pamio, ergastolo per Monica Busetto

MESTRE. La sentenza è arrivata poco prima delle 20. Condanna all'ergastolo e arresto immediato in aula per Monica Busetto, l'operatrice sanitaria veneziana accusata di aver massacrato nel dicembre 2012, la sua vicina di casa, Lida Taffi Pamio.
Il procuratore generale della Corte d'Appello Francesco Cicero aveva chiesto la condanna all'ergastolo per Monica Busetto. Lida Taffi Pamio era stata colpita a pugni, accoltellata, poi soffocata con un cavo elettrico e un fazzoletto di carta in bocca. L'avvocato difensore Alessandro Doglioni si è invece battuto per l'assoluzione piena dall'accusa di omicidio: "Non c'è alcuna traccia di Monica nella casa del delitto".
Giudici popolari e magistrati della Corte d'Assise d'appello, presieduti da Giacchino Termini, sono usciti verso le 20 dalla camera di consiglio: la sentenza è quella più pesante, l'ergastolo.
Una vicenda giudiziaria per certi versi incredibile: arrestata a un anno di distanza dall'omicidio, accusata dalla Procura di aver ucciso in un impeto di rabbia verso quella vicina con la quale spesso discuteva, Monica Busetto - che si è sempre proclamata innocente - è stata condannata in primo grado a 24 anni e mezzo di carcere. Dopo oltre due anni di custodia cautelare, nel dicembre del 2014, un nuovo delitto scuote Mestre: quello dell'anziana Francesca Vianello. Per quest'ultimo viene arrestata un'amica di famiglia della donna, Susanna Milly Lazzarini - condannata in primo grado a 30 anni, proprio poche settimane fa - che poco dopo, confessa anche l'omicidio di Lida Pamio. "Sono stata io", dice, scagionando completamente Monica Busetto, che torna così libera.

La contro-confessione. Nei mesi scorsi, Lazzarini racconta un'altra storia, cambiando nel corso di quattro interrogatori più volte versione, fino a quella di luglio: "Abbiamo ucciso assieme Lida Pamio, per dividerci i soldi: Busetto ha dato il colpo di grazia".

Prove contrastanti. A costare la condanna in primo grado a Monica Busetto era stata una collanina d'oro spezzata, ritrovata dagli investigatori insieme ad altre piccole gioie in un cassetto del comodino. Su quella catenina - che l'imputata ha sempre detto essere un regalo del battesimo della sorella - la Polizia scientifica trova una quantità infinitesimale di Dna dell'anziana morta. "Contaminazione", risponde la difesa.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia