Dekleva sarà giudicato il 13 marzo

Lo stesso giorno potrebbe arrivare la sentenza: con il rito abbreviato il marito rischia trent’anni di carcere
Di Giorgio Cecchetti
COGOLLO DEL CENGIO RESTI UMANI SOTTO IL PONTE San Agata
COGOLLO DEL CENGIO RESTI UMANI SOTTO IL PONTE San Agata

Lui non c’era: Renzo Dekleva ha preferito rimanere in carcere a Treviso e ha rinunciato a comparire davanti al giudice veneziano Marta Paccagnella, davanti al quale si è svolta la veloce udienza. I suoi difensori, gli avvocati padovani Pietro Someda e Stefania De Danieli, hanno confermato la richiesta di rito abbreviato, che due giorni fa era giunta in cancelleria con la firma non dei legali, bensì dello stesso Dekleva. Presenti anche gli avvocati Antonio Bondi e Gabriela Giunzioni per i parenti di Lucia Manca, che si sono costituiti parte civile, e naturalmente il pubblico ministero Francesca Crupi, che aveva chiesto il rinvio a giudizio dell’indagato per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e per occultamento di cadavere. In pochi minuti, il magistrato ha rinviato al 13 marzo: quel giorno parleranno rappresentanti dell’accusa, della difesa e delle parti civili, poi il giudice Paccagnella valuterà, in base ai tempi, se rinviare ad aprile per la sentenza o ritirarsi in camera di consiglio in quella stessa giornata. C’era chi si aspettava che la difesa avanzasse qualche richiesta: era noto, ad esempio, che l’indagato era stato visitato in carcere da uno psichiatra e, quindi, che insistessero per una perizia psichiatrica, invece nulla di tutto questo. Neppure un’eccezione sulle procedure, sulle notifiche.

Insomma, l’atteggiamento che solitamente mantengono gli indagati che confessano e che puntano al minimo della pena. Invece, Dekleva, da quando è stato arrestato non ha detto una parola, ha sempre taciuto e, prima, ha firmato una denuncia di scomparsa della moglie, un gesto evidente per allontanare qualsiasi sospetto sul suo conto.

Rischia l’ergastolo, almeno leggendo le pesanti accuse mosse nei suoi confronti dal pubblico ministero, che nel capo d’imputazione sostiene che l’indagato ha ucciso la moglie per evitare che avviasse le pratiche legali per il divorzio. Lucia Manca, infatti, aveva scoperto che il marito la tradiva, che aveva un’amante trevigiana. E lui avrebbe temuto che chiudesse i cordoni della borsa perché era lei sostanzialmente a mantenerlo e la moglie, oltre a non passargli più soldi, gli aveva anche impedito di usare la moto che lui si era comperato grazie a lei.

Si tratta di un’ipotesi dell’accusa perché Dekleva non si sarebbe confidato con parenti o amici per raccontare come andava con la moglie, insomma il pm Crupi ha voluto anche indicare un movente sulla base delle indagini degli investigatori dei carabinieri.

Il rito abbreviato che Dekleva ha chiesto, comunque, può evitare l’ergastolo in caso l’indagato venisse ritenuto responsabile. Il codice, infatti, prevede che scatti un terzo di sconto sulla pena finale per chi fa risparmiare tempo ed energie alla giustizia. E in questo caso lo Stato risparmia di convocare la Corte d’assise con due magistrati togati e sei giudici popolari per numerose udienze. Ed è probabile che Dekleva e i suoi difensori abbiano preferito farsi processare da un unico giudice, piuttosto che finire davanti ai giudici popolari, sicuramente più suggestionabili dei magistrati di carriera. Nel caso, il giudice dell’udienza preliminare dovesse decidere che l’imputato va condannato all’ergastolo, lo sconto previsto per il rito abbreviato abbassa la condanna ad una pena di 30 anni di reclusione.

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