«Dekleva innocente, va assolto» Omicidio Manca, oggi la sentenza
Sono le ore dell’attesa: per oggi è, infatti, annunciata la sentenza di primo grado per l’omicidio di Lucia Manca. Ieri, davanti alla giudice per le udienze preliminari Marta Paccagnella, la difesa di Renzo Dekleva ha giocato le sue carte per chiedere l’assoluzione dell’uomo («perché il fatto non sussiste») dall’accusa di aver ammazzato la moglie Lucia Manca nel luglio del 2011, per poi «sopprimere» il suo cadavere in quel di Cogollo di Cengio, dove il corpo ridotto ormai a scheletro venne trovato solo ad ottobre, rendendo impossibile individuare la causa di morte della donna.
Questo è uno degli elementi rilevati ieri dalla difesa, per contestare anche che di delitto si sia trattato. Presente in aula Dekleva - ieri calmo e controllato, diversamente da quanto avvenuto durante l’udienza nella quale la pm Francesca Crupi ha chiesto per lui la condanna all’ergastolo - gli avvocati Pietro Someda e Stefania De Danieli hanno cercato di rovesciare le prove e gli indizi dell’accusa, riconducendoli a un racconto diverso. Quelle che per la Procura sono le prove che Dekleva ha mentito, ucciso, occultato, per la difesa è solo il tentativo di nascondere la relazione che l’uomo aveva con Cristina, alla quale aveva per mesi raccontato la bugia di essere già separato.
Così, Dekleva non nega più di essere stato sull’autostrada che porta a Cogollo di Cengio nella notte della scomparsa della moglie - che lui denuncerà solo il pomeriggio del giorno dopo - come hanno dimostrato i tracciati del suo cellulare e la sua impronta digitale trovata sullo scontrino autostradale dell’uscita Piovene-Rocchetta, ma per i suoi legali stava andando alla casa di Falcade per prendere le foto di lui insieme a Cristina, perché temeva che Lucia le trovasse.
Strada facendo si sarebbe accorto di non avere le chiavi, tornando così indietro. La difesa ha anche citato la testimonianza di una vicina che ha detto di aver sentito un rumore costante arrivare da casa Dekleva quella notte, tra mezzanotte e le 3: per la difesa la prova che Lucia era viva, per la pm Crupi solo un depistaggio con radio o tv accesa. Quanto all’abito da casa con la quale è stato trovato il corpo, la difesa sostiene che Lucia sia uscita di casa vestita normalmente, portandosi appresso quell’abitino blu per cambiarsi da un’altra parte. Ricostruzione surreale per l’accusa. Contestata anche l’aggravante dei futili motivi: per la Procura Dekleva avrebbe ucciso Lucia perché lei voleva lasciarlo e lasciarlo senza un soldo, per la difesa lui aveva un reddito buono come promotore farmaceutico. E l’intercettazione in auto quando Dekleva dice “...sono io che l’ho uccisa?”: sarebbe stato frainteso un “dicono che sono stato io che l’ho uccisa», mentre per l’accusa l’audio è chiarissimo. Per la difesa, anche dichiarazioni dell’ex compagna Cristina, che ha raccontato tutte le bugie di Dekleva, sarebbero lo sfogo di una donna arrabbiata.
Da qui la richiesta di assoluzione: in subordine, la difesa ipotizza la morte per un incidente, per una lite finita male e la soppressione di cadavere con un meno grave reato di occultamento. La pm Crupi ha ribadito il quadro indiziario univoco, di un uomo che ha raccontato per mesi bugie sui suoi rapporti con la moglie e su quello che aveva fatto nelle ore successive alla scomparsa, ipotizzando una scomparsa legata a una doppia vita di Lucia. «L’impianto accusatorio della Procura ha retto», è il commento degli avvocati della famiglia Manca, Antonio Bondi e Gabriela Ginzioni, «la ricostruzione della difesa è logicamente diversa da quella dell’accusa, ma non in grado di smentire le prove d’accusa».
In un’intervista Cristina aveva detto: «Renzo non ammetterà mai niente, cercherà di smontare la realtà facendo perdere la visione dell'insieme. La stessa strategia che ha usato con me».
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