Debora: «Isabella non l’ho uccisa io»

L’imputata ha scritto una missiva alla D’Urso (Canale 5): la verità la sanno solo Freddy e Manuela. Ipotesi depistaggio
Di Cristina Genesin

PADOVA. Parla di innocenza, tentando di allontanare da sé l’immagine di una donna «diabolica... calcolatrice... manipolatrice...». E poi si gioca, forse, l’ultima carta: «Non ho ucciso Isabella... La verità la sanno solo Freddy e Manuela... Per me mio fratello non esiste più, lui mi ha messo in questa situazione e non fa niente per dimostrare la mia innocenza».

Fratelli-divisi o complici. Debora Sorgato scarica il fratello-coimputato per l’assassinio di Isabella Noventa in una lettera scritta a mano e indirizzata a Barbara D’Urso, la conduttrice di “Pomeriggio Cinque” in onda sulle reti Mediaset. E lo fa a meno di una settimana dal giorno in cui (il 18 maggio) il pubblico ministero Giorgio Falcone concluderà il suo lungo atto d’accusa, formulando le richieste di condanna. Forse l’ergastolo per i due fratelli Sorgato. Fratelli-nemici: sarà vero? E, allora, perché Debora non ha inviato una lettera al pm Falcone, che sostiene la pubblica accusa, o al giudice Tecla Cesaro, che dovrà decidere la sua sorte giudiziaria degli imputati, invece di scrivere a una conduttrice tivù?

Ipotesi depistaggio. Alla luce della seconda parte della requisitoria che, ieri, il pm Falcone ha pronunciato, la lettera ha tutta l’aria dell’ennesimo depistaggio. «In silenzio ho sempre ascoltato... Non ho mai parlato perché... non posso raccontare fatti ai quali non ho partecipato», insiste Debora. E spiega di voler dire «la sua verità a distanza di un anno dalla scomparsa di Isabella». Domanda: perché a un anno dalla scomparsa e non subito? E perché non ha parlato nelle sedi più opportune (il Palazzo di giustizia)? Peraltro non è la prima volta che Debora scrive la “sua verità”. Alla fine dello scorso gennaio, dal carcere, ha trasmesso agli inquirenti tre pagine di foglio protocollo per ribadire la sua versione dei fatti. E per raccontare che cosa avrebbe fatto la notte del delitto, fra il 15 e 16 gennaio 2016: aveva parcheggiato la sua Golf davanti alla villetta di Freddy per evitare scenate di gelosia da parte di Manuela Cacco verso Isabella, rincasando a piedi. Tornata a casa, sarebbe andata a dormire, salvo andarsi a riprendere la borsa dimenticata in auto all’1.30 di notte. E, su richiesta del fratello, avrebbe accompagnato in centro la Cacco. Manuela si sforza di far credere che il legame tra lei e Freddy «è sempre stato descritto come quello di due fratelli legati da affetto morboso». Eppure insiste che lui (definito un uomo «che ha sempre fatto della sua vita un mistero... che si è divertito con le donne... e ha fatto anche scelte sbagliate»), le ha solo procurato guai «con la conseguenza di essere da un anno ristretta in carcere con accuse pesanti». Ora la scelta di scrivere a Barbara D’Urso, per «dire a tutta l’Italia che non ho ucciso Isabella». Infine la conclusione: «Per me mio fratello non esiste più, lui mi ha messo in questa situazione e non fa niente per dimostrare la mia innocenza» aggiunge, invitandolo, insieme a Manuela, a mettersi una mano sulla coscienza. Solo due parole finali per chiedere «scusa» alla famiglia di Isabella.

Eppure, per quanto riguarda il reato di omicidio, il pm aveva osservato che la prova della premeditazione era nelle intercettazioni dei colloqui in carcere tra Freddy da una parte, la madre e l’ex fidanzata dall’altra come in una lettera tra i due fratelli. Freddy ha dichiarato più volte: «Uno dei due (fratelli) deve restare fuori». Secondo il pm sarebbe scattato un “piano B”, se la sparizione di Isa avesse causato guai giudiziari a Freddy e Debora: l’accordo prevedeva che il primo si sarebbe addossato la responsabilità della morte dell’impiegata, liberando la sorella da ogni sospetto. Cosa avvenuta visto che nell’interrogatorio per la convalida del fermo, il 18 febbraio 2016, Freddy si era autoaccusato, spiegando che Isa era morta durante un gioco erotico. E i 124 mila euro nascosti in casa del maresciallo Verde (ex compagno di Debora)? Per l’accusa sarebbero serviti a pagare eventuali spese legali.

La difesa. L’avvocato Roberto Morachiello, che tutela Debora, sostiene che «sapevo di una lettera scritta mesi fa. Lettera che non è della Debora di oggi: è un vecchio sfogo. Ma non ne abbiamo discusso». Parlerà? «Ho chiesto solo la presenza di un verbalizzatore nel caso un imputato voglia fare spontanee dichiarazioni».

Il fratello della vittima. «Poteva indicare dove si trova il corpo di mia sorella».

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