Debiti di Sifa da ripianare 56 milioni dalla Regione
Cinquantasei milioni di euro sull’unghia e la proroga della concessione fino al 2041. È questo, in sintesi, l’accordo raggiunto tra Regione Veneto e Sifa che permette alla Regione di cancellare l’articolo 19 della concessione che la vedeva obbligata a garantire la differenza fra gli introiti derivanti dal trattamento dei rifiuti e le previsioni dei volumi di attività necessari per garantire il rispetto del piano economico finanziario. Per uscire dall’angolo in cui si era messa con la firma della convenzione nel 2005 - negli anni del doge Giancarlo Galan - la Regione è stata quindi costretta mettere mani al portafogli e a destinare a Sifa 56 milioni che erano invece della Legge speciale, e che potevano essere impegnati per la salvaguardia della laguna.
Sifa è la società concessionaria della Regione nata per il disinquinamento dei fanghi e delle acque industriali - con un bilancio da sempre in perdita - compartecipata da Mantovani (al 47%), Veritas (30%) e Veneto Acque (8,6%) e si occupa del depuratore di Fusina. Il Pd aveva chiesto di ritirare l’emendamento - nell’ambito della discussione sul bilancio - che ha di fatto sancito l’esborso e la proroga della concessione, per discutere della questione in maniera più approfondita, ma la maggioranza ha deciso di tirare diritto, per superare quel contratto capestro così sbilanciato a favore del privato, a favore di Mantovani. «Un contratto capestro che qualcuno avrà pure firmato, ormai nel 2005, costringendo di fatto la Regione ad assumersi il rischio di impresa al posto del privato», attaccano i consiglieri del Pd Bruno Pigozzo, Stefano Fracasso e Andrea Zanoni. «La vergogna non è sufficiente a giustificare questo tipo di situazione, spostare quelle risorse semplicemente perché ci sono è assurdo: significa tenere bloccati tanti altri interventi riguardanti la riqualificazione fluviale e idraulica per tappare una falla di cui i cittadini veneti, e in particolare i veneziani, non hanno alcuna responsabilità». Sul caso interviene anche Jacopo Berti, capogruppo in consiglio dei Cinquestelle. «Ci risiamo: è la stessa storia della Pedemontana e dell'Ospedale di Mestre», spiega Berti, «i project vanno in malora e il pubblico deve coprire i buchi dei privati. Lo strumento del project, che noi combattiamo da sempre e che vogliamo eliminare dalla consuetudine politica di questa regione, continua a tornare a galla portando denaro nelle tasche dei soliti noti. L’accordo di compartecipazione fra pubblico e privato per la gestione dell’impianto di Fusina sembra essere stato scritto apposta per favorire il privato garantendo il differenziale fra gli incassi e le previsioni dei volumi di attività necessari a garantire il rispetto del piano economico finanziario. Ovvero se le cose vanno bene ci guadagna il privato, se vanno male – come è capitato anche alla Sifa – ci rimette il pubblico. Tiriamo fuori una vagonata di soldi a causa degli errori del passato». (f.fur.)
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